«Preghiamo oggi per gli infermieri e le infermiere, uomini, donne, ragazzi e ragazze che svolgono questa professione, che è più di una professione, è una vocazione, una dedizione. Che il Signore li benedica». È con questa preghiera che Francesco ha iniziato martedì 12 maggio la celebrazione della messa nella cappella di Casa Santa Marta. Ricordando che oggi è proprio «la giornata degli infermieri» e riferendosi al messaggio inviato loro — il testo è pubblicato in questa pagina — il vescovo di Roma ha voluto rafforzare ancor di più la sua preghiera: «In questo tempo della pandemia hanno dato esempio di eroicità e alcuni hanno dato la vita. Preghiamo per le infermiere e gli infermieri».
«Il Signore prima di andarsene saluta i suoi e dà il dono della pace» ha detto poi nell’omelia, facendo riferimento al passo evangelico di Giovanni proposto dalla liturgia (cfr. 14, 27-31). Questa è «la pace del Signore: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” (cfr. versetto 27)». Non si tratta, ha precisato Francesco, «della pace universale, quella pace senza guerre che tutti noi vogliamo che sempre ci sia, ma la pace del cuore, la pace dell’anima, la pace che ognuno di noi ha dentro di noi. E il Signore la dà, ma — sottolinea — “non come la dà il mondo”» (cfr. versetto 27).
«Come dà il mondo la pace e come la dà il Signore? Sono paci diverse? Sì» è stata la risposta del Pontefice. «Il mondo ti dà la “pace interiore” — stiamo parlando di questa, la pace della tua vita, questo vivere con il “cuore in pace”», ha affermato il vescovo di Roma, spiegando: «Ti dà la pace interiore come un “possesso tuo”, come una cosa che è tua e ti isola dagli altri, ti mantiene in te, è un acquisto tuo: ho la pace. E tu senza accorgertene ti chiudi in quella pace, è una pace un po’ per te, per ognuno; è una pace “sola”, è una pace che ti fa tranquillo, anche felice».
E «in questa tranquillità, in questa felicità — ha fatto presente il Papa — ti addormenta un po’, ti anestetizza e ti fa rimanere con te stesso in una certa tranquillità. È un po’ egoista: la pace per me, chiusa in me. Così la dà il mondo (cfr. versetto 27). È una pace costosa perché tu devi cambiare continuamente gli “strumenti di pace”: quando ti entusiasma una cosa, ti dà pace una cosa, poi finisce e tu devi trovarne un’altra... È costosa perché è “provvisoria e sterile”».
«Invece la pace che dà Gesù è un’altra cosa» ha affermato Franceco. «È una pace — ha aggiunto — che ti mette in “movimento”: non ti isola, ti mette in movimento, ti fa andare dagli altri, crea comunità, crea comunicazione. Quella del mondo è costosa, quella di Gesù è gratuita, è gratis; è un “dono” del Signore, la pace del Signore. È feconda, ti porta sempre avanti».
«Un esempio del Vangelo che a me fa pensare come è la pace del mondo — ha suggerito il Pontefice — è quel signore che aveva i granai pieni e la raccolta di quell’anno sembrava essere pienissima e lui pensò: “Dovrò costruire altri magazzini, altri granai per mettere questo e poi starò tranquillo... è la mia tranquillità, con questo posso vivere tranquillo” — “Stolto, dice Dio, questa notte tu morirai”» (cfr. Luca 12, 13-21).
«È una pace immanente, che non ti apre la porta all’aldilà» ha spiegato il Papa, ricordando che «invece la pace del Signore è aperta a dove Lui è andato, è aperta al Cielo, è aperta al Paradiso. È una pace feconda che si apre e porta anche altri con te al Paradiso».
A questo proposito, ha suggerito Francesco, «credo che ci aiuterà pensare un po’: quale è la mia pace, dove io trovo pace? Nelle cose, nel benessere, nei viaggi — ma adesso, oggi non si può viaggiare — nei possessi, in tante cose, o trovo la pace come dono del Signore? Devo “pagare” la pace o la ricevo gratis dal Signore? Come è la mia pace? Quando mi manca qualcosa mi arrabbio? Questa non è la pace del Signore. Questa è una delle prove».
E, ancora: «Sono tranquillo nella mia pace, “mi addormento”? Non è del Signore. Sono in pace e voglio comunicarla agli altri e portare avanti qualcosa? Quella è la pace del Signore! Anche nei momenti brutti, difficili, rimane in me quella pace? È del Signore. E la pace del Signore è “feconda” anche per me perché è piena di speranza, cioè guarda il Cielo».
Il vescovo di Roma ha rilanciato la sua meditazione con una confidenza: «Ieri — scusatemi se dico queste cose, ma sono cose della vita che a me fanno bene — ieri ho ricevuto una lettera di un sacerdote, un bravo sacerdote, bravo, e mi ha detto che io parlo poco del Cielo, che dovrei parlarne di più. E ha ragione, ha ragione».
E «per questo — ha affermato il Papa — oggi ho voluto sottolineare questo: che la pace, questa che ci dà Gesù, è una pace per adesso e per il futuro. È cominciare a vivere il Cielo, con la fecondità del Cielo. Non è anestesia. L’altra, sì: tu ti anestetizzi con le cose del mondo e quando la dose di questa anestesia finisce ne prendi un’altra e un’altra e un’altra... Questa di Gesù è una pace “definitiva”, feconda anche e contagiosa. Non è narcisistica, perché sempre guarda al Signore. L’altra guarda a te, è un po’ narcisistica».
Francesco ha concluso l’omelia invitando a pregare perché «il Signore ci dia questa pace piena di speranza, che ci fa fecondi, ci fa comunicativi con gli altri, che crea comunità e che sempre guarda la definitiva pace del Paradiso».
Infine, il Pontefice ha concluso la celebrazione con l’adorazione e la benedizione eucaristica. Per poi sostare in preghiera — accompagnato dal canto dell’antifona Regina Caeli — davanti all’immagine mariana della cappella di casa Santa Marta.
A mezzogiorno le intenzioni del Papa sono state rilanciate davanti all’altare della Cattedra della basilica Vaticana dal cardinale arciprete Angelo Comastri che ha guidato la recita del Regina Caeli e del rosario.