«Se l’era moderna, così assorta a sviluppare e a progettare l’uguaglianza e la libertà, vuole affrontare bene le sfide che ci aspettano, da ora in avanti deve aggiungervi la fratellanza, con altrettanto slancio e tenacia. La fratellanza darà alla libertà e all’uguaglianza il loro giusto posto nella sinfonia» (p. 11). Pongo questa citazione, tratta dal libro Ritorniamo a sognare (14) di Papa Francesco, che ha risvegliato grande attenzione in tutto il mondo, all’inizio della mia riflessione sull’enciclica Fratelli tutti, presentata a ottobre. Scelgo questo spunto di riflessione perché, tra l’altro, con la pubblicazione ravvicinata di un’enciclica e poi di un libro, Papa Francesco chiarisce la sua posizione in modo convincente anche attraverso il suo agire: egli si rivolge — come dice espressamente anche l’enciclica — a tutti gli uomini, al mondo intero. L’enciclica, e ancor più il libro, raccolgono le prime riflessioni e ulteriori pensieri di Papa Francesco dinanzi alla pandemia da coronavirus, che continua a tenere il mondo col fiato sospeso e che inciderà sulla nostra vita — personale, sociale e come comunità mondiale — anche “dopo-covid”.
In un certo senso, con il suo libro Ritorniamo a sognare Papa Francesco svolge una sorta di lavoro di traduzione dell’enciclica. Sembra quasi che voglia assicurarsi che tutti comprendano veramente che desidera superare dei confini anche nel suo pontificato, invitandoci ad agire come lui nei nostri rispettivi ambiti di responsabilità. Questo tema di base è suggerito già dal primo titolo interno di Fratelli tutti, che è «Senza frontiere» (Fratelli tutti, n. 3).
Come con l’enciclica Laudato si’ Papa Francesco si inserisce chiaramente nella tradizione della dottrina sociale cattolica e si ricollega a san Francesco d’Assisi, soprattutto al suo invito a un amore «che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio» (Fratelli tutti, n. 1). In tal senso, un segnale particolarmente forte di Fratelli tutti è sicuramente il suo riallacciarsi all’incontro con il Grande imam Ahmad Al-Tayyeb ad Abu Dhabi nel 2019 e al Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune. Con questo riferimento, Papa Francesco sottolinea nuovamente che le religioni non devono servire a dividere e a rafforzare le ideologie, ma essere tutte al servizio dell’unica famiglia umana, e respinge in modo chiaro ogni tentativo fondamentalista di strumentalizzare la religione per i propri fini.
Senz’altro Fratelli tutti può essere letta come somma di quello che è stato finora il pontificato di Papa Francesco, come somma di ciò che egli vuole scrivere nell’album del mondo e anche della Chiesa stessa. Riallacciandosi all’enciclica Caritas in veritate di Papa Benedetto
Dalle prime voci critiche su Fratelli tutti, si è appreso che la fratellanza sociale non è una categoria classica della dottrina sociale, e che il concetto della solidarietà e della giustizia sociale è sufficiente per quanto viene qui definito, che non ha bisogno di altre nozioni. La solidarietà, come spiega anche il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, è un principio sociale ordinatore e una virtù morale che «assurge al rango di virtù sociale fondamentale poiché si colloca nella dimensione della giustizia, virtù [...] per eccellenza” (n. 193). Come già Caritas in veritate, anche Fratelli tutti rafforza il principio etico sociale della solidarietà che, appunto, non si esaurisce nel fatto di essere una categoria giuridicamente esigibile e, se necessario, socialmente garantita, bensì fondamentalmente formula ed esige benevolenza nei confronti di tutti. La fratellanza sociale riprende una categoria fondamentale filosofica della benevolenza, l’amicizia, così come descritta per esempio anche da Aristotele nell’Etica Nicomachea, come gentilezza con la quale per principio andiamo incontro agli altri con un atteggiamento di amabilità, accettazione e riguardo. In effetti, senza questa amicizia non può esserci una vera comprensione dell’altro, che è una delle basi della buona convivenza tra le persone.
Di fatto, Papa Francesco scrive nell’album del nostro tempo una cosa che ha una valenza universale e atemporale, sulla quale per principio tutte le persone di buona volontà dovrebbero essere d’accordo: «Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo si riassume nel verbo “dialogare”» (Fratelli tutti, n. 198). Sono molto grato che Papa Francesco con la sua enciclica metta ancora una volta in primo piano questo atteggiamento in apparenza tanto ovvio per trattare con gli altri, ovvero la disponibilità al dialogo, offrendo in tal modo, proprio in un tempo in cui i populismi, i nazionalismi e le ideologie si stanno rafforzando, un orientamento che, appunto, non evidenzia ciò che divide, bensì cerca sempre ciò che unisce, che è in comune. Per questo atteggiamento è però sempre necessario il libero consenso ad accettare e rispettare la diversità di tutte le persone. Secondo me è questo il “buon senso” necessario per superare, o nel migliore dei casi evitare, la divisione all’interno degli Stati e delle società, ma anche a livello mondiale. Di fatto, vedo lo stesso pericolo che vede Papa Francesco in Ritorniamo a sognare: «L’assenza di un dialogo sincero nella nostra cultura pubblica rende sempre più difficile generare un orizzonte condiviso verso il quale inoltrarci tutti insieme» (p. 87).
L’orizzonte condiviso indica la direzione piena di speranza per poter allestire la “casa comune del creato” in modo favorevole e per il bene di tutti gli uomini, a partire da una visione positiva della persona, da un’antropologia radicata nella fede nel Dio Creatore (cfr. Laudato si’, n. 13). Sulla falsariga della Laudato si’, nella sua nuova enciclica Papa Francesco esorta a un cambio di mentalità che deve condurre a una nuova idea di progresso dell’umanità dinanzi alle crisi esistenziali in tutto il mondo. In Ritorniamo a sognare parla addirittura delle «pandemie occulte di questo mondo» (p. 10), come la fame, la violenza e il cambiamento climatico che, nel loro alto potenziale di crisi, dobbiamo superare in modo fraterno e sostenibile come unica famiglia dell’umanità.
La “casa comune del creato” non può quindi essere definita nella modalità della divisione, bensì a partire dall’orientamento al bene comune, che non è inteso solo in modo formale e materiale. Le origini del principio del bene comune risalgono all’antichità greca e continuano a essere molto efficaci anche nella dottrina sociale della Chiesa. Papa Francesco riprende tale principio già nella Laudato si’, correlando a esso i principi sociali di personalità, solidarietà e sussidiarietà, ricomponendo per così dire il caleidoscopio della dottrina sociale della Chiesa a partire dalla Rerum novarum del 1891. La Laudato si’ definisce, come il concilio Vaticano
L’esigenza di fratellanza e di dialogo in Fratelli tutti è però rivolta anche alla Chiesa stessa, che come comunità di persone non è immune dalle tentazioni dell’egoismo e dell’individualismo, dell’abuso di potere, dell’ideologizzazione e del fondamentalismo. La Chiesa non è immune da tutto questo né dalle relazioni intra-ecclesiali né nel suo rapporto con il mondo. Anche nella Chiesa serve il dialogo!
La tentazione della dissoluzione dell’Io, del Sé, è nota anche nella tradizione biblica, come emerge in modo straordinario in Fratelli tutti nella catechesi sulla parabola del buon samaritano. Di quanti passano a distanza dalla persona ferita, Papa Francesco dice: «erano persone religiose [...]: indica che il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace» (Fratelli tutti, n. 74).
Anche le esperienze di abuso e violenza nell’ambito della Chiesa hanno mostrato dolorosamente — soprattutto alle persone colpite — quanto possa essere pericoloso il potere quando coloro che esercitano un ufficio o una responsabilità non conservano la consapevolezza dei limiti del loro potere e se il potere non viene controllato, quando la dignità della persona viene ignorata e lesa. Abbiamo imparato, e dobbiamo continuare a insistere su questo, che serve un nuovo modo di pensare che non sia orientato agli interessi di autoconservazione di alcuni, ma al bene di tutto il popolo di Dio. Per questo occorre la forza per il dialogo.
Un fondamento essenziale di tale atteggiamento rinnovato, che ha radici bibliche, è l’idea della Chiesa sinodale, l’antico principio della sinodalità che Papa Francesco riprende anche nel suo libro Ritorniamo a sognare: «Ho voluto ravvivare questo antico processo non solo per il bene della Chiesa, ma come servizio a un’umanità che è così spesso bloccata da discordie paralizzanti» (p. 93). Tuttavia, per essere credibile in questo servizio all’umanità, e quindi per preparare la strada alla buona novella di Dio, la Chiesa deve, in modo analogo, orientarsi a ciò anche nei suoi rapporti intra-ecclesiali. C’è ancora tanto da fare in questo campo.
Con Fratelli tutti e Ritorniamo a sognare Papa Francesco ancora una volta vuole approfondire e allargare l’orizzonte dell’annuncio e dell’azione della Chiesa: è uno sguardo più acuto per le periferie dell’umanità, dell’essere mondo e dell’essere Chiesa. E forse è anche motivato dal desiderio di condurre i necessari dibattiti all’interno della Chiesa in modo tale da non offuscare lo sguardo su ciò che è importante e significativo per la persona e l’umanità in generale. Alla base c’è la domanda centrale del perché esiste la Chiesa. E la risposta di Papa Francesco è altrettanto centrale e chiara: la Chiesa non esiste per se stessa, ma perché tutti gli uomini abbiano la speranza che emana dall’amore di Dio stesso! Partendo dal centro della fede, ovvero l’Incarnazione, la Croce e la Risurrezione, la Chiesa è strumento dell’unità di tutti gli uomini. È questo che dobbiamo farci scrivere molto chiaramente nell’album da Papa Francesco con Fratelli tutti.
di Reinhard Marx
Cardinale arcivescovo di München und Freising, in Germania