Sul fondamento
La Chiesa vive di fraternità. E nella fraternità. È la Chiesa che — da millenni — si radica nei vari carismi che la compongono. Per i vari ordini religiosi che la costituiscono, il confronto con il magistero del Pontefice, diviene dialogo: questo, apre a visioni sempre fruttuose che si rinnovano nel nostro presente, ma che — al contempo — trovano radici antiche nel millenario percorso della Chiesa stessa. L’ordine della Santissima Trinità è un esempio lampante di tutto questo. La Fratelli tutti di Papa Francesco ha aperto un “tavolo di approfondimento” interno al millenario ordine religioso fondato nel 1198 da san Giovanni de Matha. Ne parliamo con il ministro generale, padre Luigi Buccarello.
Papa Francesco si è soffermato — non poche volte — sul tema delle persecuzioni cristiane nel mondo di oggi, tanto da dichiarare, tempo fa: «Oggi ci sono più martiri cristiani che nei primi secoli» . Partiamo, dunque, dal nostro presente. Qual è il suo parere su questo argomento così a cuore per l’ordine della Santissima Trinità?
La libertà religiosa oggi è sempre più minacciata. Lo dimostrano i vari rapporti annuali di tanti enti e istituzioni che si occupano di questa difficile e delicata materia: oltre trecentomila cristiani non possono professare in piena libertà la loro fede. I cristiani, oggi, sono il gruppo religioso più perseguitato al mondo. Ma il fenomeno non risparmia le altre religioni. Corea del Nord, Nigeria, Afghanistan, Libia, Medio oriente, India, sono i Paesi in cui si registrano le più gravi violazioni di questo diritto umano fondamentale, ma la lista nera aumenta di anno in anno. Non è un caso che dove si registrano le maggiori limitazioni alla libertà di culto e religione, risultano intaccate anche le altre forme di libertà, come la libertà di pensiero, di stampa, di associazione. Come affermava san Giovanni Paolo
In uno dei passaggi dell’enciclica «Fratelli tutti», al capitolo ottavo, troviamo queste parole: «Come cristiani chiediamo che, nei Paesi in cui siamo minoranza, ci sia garantita la libertà, così come noi la favoriamo per quanti non sono cristiani là dove sono minoranza». Qual è l’impegno dei Trinitari, oggi, in questi luoghi dove i cristiani «sono minoranza»?
La storia della nostra famiglia religiosa ci racconta tanti esempi eroici di religiosi trinitari che arrivavano fino ad offrire se stessi per ottenere la liberazione degli schiavi cristiani che erano in pericolo di perdere la loro fede e la loro vita. Negli ultimi decenni, questo impegno è stato rilanciato grazie alla costituzione del Sit (Solidarietà internazionale trinitaria), un organismo che porta avanti numerosi progetti per i cristiani che soffrono in contesti di guerre e persecuzioni, come in Siria, Iraq, India, Vietnam, Golfo Persico, Nigeria, Cina. In alcune di queste zone siamo presenti (come religiosi e religiose) per assicurare l’assistenza spirituale ai cristiani che non possono vivere liberamente e pubblicamente la loro fede. In altri Paesi di persecuzione, collaboriamo con le Caritas locali, con i vescovi e i religiosi di altre congregazioni. Altro ambito del nostro impegno è la sensibilizzazione su questo fenomeno. Su ciò — come Papa Francesco ha denunciato — vi è un silenzio complice e assordante. L’ultima iniziativa è l’istituzione della cattedra per i cristiani perseguitati in collaborazione con la Pontificia università San Tommaso d’Aquino (Angelicum) di Roma. La cattedra porta il nome del nostro fondatore e offrirà agli studenti di teologia — ma anche a laici impegnati — un corso sulla libertà religiosa.
Fratellanza vuol dire comunità, soprattutto. Questa parola, ovviamente, mai come in un ordine religioso, assume un ruolo fondamentale. Come trinitario, cosa può dirci in merito?
Il tema della fraternità — che nell’enciclica, troviamo espresso nella sua dimensione universale — è il cuore del nostro carisma, della stessa spiritualità della famiglia trinitaria. La nostra Regola — approvata nel 1198 da Innocenzo
Quali saranno i progetti futuri dell’ordine ispirati dal documento del Pontefice?
Sentiamo forte e nostra la sfida del dialogo interreligioso: non c’è vero dialogo senza il rispetto della coscienza e della vita di ogni credente. E non ci sarà piena libertà religiosa e piena fraternità senza un impegno costante e quotidiano nel dialogo con i credenti di altre tradizioni religiose. C’è la necessità di un dialogo fecondo che possa aprire cammini nuovi di fraternità e di servizio per i più deboli e per i perseguitati a motivo della fede, ferite presenti nel cuore di ogni tradizione religiosa.
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