Lettere dal Direttore
Domani 22 ottobre l’attore americano Christopher Loyd compie 84 anni. È famoso a livello mondiale per l’interpretazione del dottor Brown, cioè Emmett “Doc” Brown, il co-protagonista insieme a Michael J. Fox della trilogia di Ritorno al futuro di Robert Zemeckis, il cui primo episodio uscì nel 1985. Lo voglio ricordare qui per un’altra interpretazione, brevissima (solo 35 secondi), tratta dal film con cui Loyd esordì, dieci anni prima, nel mondo del cinema: Qualcuno volò sul nido del cuculo,di Milos Forman. Il film è ambientato in un ospedale psichiatrico in cui i pazienti sono vessati e in condizione di pesante costrizione fisica e morale. Nella scena finale si vede che uno di questi strambi personaggi che popolano l’ospedale, il gigantesco nativo americano chiamato «Grande Capo», finalmente riesce a evadere da quella “prigione”. Grande Capo infatti fa una cosa che nessuno era riuscito a fare in precedenza: sollevare la pesantissima fontana di marmo posta nel bagno, scaraventarla contro una portafinestra distruggendola e quindi varcare quella soglia e scappare via nelle prime luci dell’alba. Il fragore provocato dalla devastazione sveglia qualcuno degli assonnati ospiti dell’ospedale tra cui il personaggio di Loyd il quale si alza seduto sul letto, comprende cosa sta succedendo e osservando la fuga di Grande Capo scoppia in una lunga risata che dura appunto 35 secondi. Una risata che è un grido, una liberazione, la manifestazione di un fenomeno naturale che ha qualcosa di primigenio ma anche di finale, apocalittico. Tanto di cappello a questo giovane attore e al regista Milos Forman che di sicuro l’avrà diretto con sapienza in quella scena brevissima quanto decisiva, perché, gli artisti lo sanno, Dio si nasconde nei dettagli.
Una risata quella di Loyd all’inizio piena di stupore, poi catartica e infine catastrofica nel senso etimologico del termine: il ribaltamento, l’intuizione del rovesciamento di tutto. Siamo dalle parti proprio dell’Apocalisse perché la gioia del “folle” Loyd (bravissimo nell’ultimo secondo della risata a trattenerla, comprimerla in un gesto repentino, felicemente rabbioso, gli occhi spiritati e tutto il corpo ispirato, visitato da un demone) è quella di chi ha fame e sete di giustizia, di coloro che «sono passati attraverso la grande tribolazione» (Apocalisse 7,14) e hanno perseverato nella speranza e ora vedono il compimento delle antiche promesse. È una gioia che si esprime in pochi secondi ma viene da molto lontano, dal fondo del fondo del cuore, di un cuore abissale che è il cuore di tutti gli uomini, di tutti quegli uomini che sono afflitti e quindi beati perché si rallegreranno.
«La più semplice verità sull’uomo è che egli è un essere veramente strano» scrive Chesterton nel saggio L’uomo eterno, «strano quasi nel senso che è straniero a questa terra (...) solo, fra tutti gli animali, è scosso dalla benefica follia del riso; quasi avesse afferrato qualche segreto di una più vera forma dell’universo e lo volesse celare all’universo stesso». Questo segreto è racchiuso nelle smorfie della risata di quel grande attore che domani compie 84 anni. Grazie Christopher, ci hai ricordato qualcosa che avevamo dimenticato: chi eravamo.
di Andrea Monda