· Città del Vaticano ·

Missionaria polacca gestisce un ospedale e un centro nutrizionale nel Nord Kivu

La concretezza del Vangelo

 La  concretezza del Vangelo   QUO-166
23 luglio 2024

Dalla riparazione del tetto alla negoziazione con i ribelli


Suor Agnieszka Gugała è andata in Africa vent’anni fa. Ha percepito la sua vocazione missionaria già al liceo. «Si può dire che sono state le missioni a condurmi alla congregazione delle Suore degli Angeli», ha confessato. Nei primi anni della sua vita religiosa ha lavorato insegnando catechesi nelle scuole, si è presa cura di bambini e giovani. Ha ricevuto il permesso di andare in Africa dopo i voti perpetui. Prima è andata in Rwanda, poi è arrivato il momento della Repubblica Democratica del Congo. Da un decennio gestisce un ospedale e un centro nutrizionale per bambini nel villaggio di Ntamugenga. La missionaria scherza dicendo di essere “l’uomo di casa”: le sue occupazioni vanno dall’acquisto del rubinetto, del sapone e dei medicinali al pagamento del personale, dalla riparazione del tetto alla ricerca di pentole e materassi per i rifugiati, fino ai rischiosi viaggi a Goma, l’unica città della regione dove può procurarsi le medicine necessarie, il cibo e il latte per i bambini che hanno perso la madre. Durante queste spedizioni deve superare diversi check-point controllati dai ribelli; in quasi tutti deve negoziare per poter andare avanti con il suo aiuto.

Gli anni di lavoro di suor Agnieszka nel Nord Kivu sono segnati da conflitti che, sebbene si affievoliscano, non finiscono mai. «Finché i bambini saranno testimoni di crimini e dovranno interrompere gli studi, non ci sarà pace in questo Paese», ha dichiarato la missionaria che ha a cuore il futuro dei più piccoli. La regione è destabilizzata da più di un centinaio di gruppi diversi che cercano di prendere il controllo dei giacimenti di cobalto, coltan e niobio necessari per la produzione di telefoni cellulari. Sono più preziosi dell’oro e dei diamanti, che i ribelli stanno pure saccheggiando. La popolazione civile è quella che ne soffre di più, che non vede nemmeno le briciole di queste ricchezze che la loro terra nasconde. Le persone sono costrette a lasciare le case e i campi a causa della violenza. Ci sono più di 5,6 milioni di sfollati interni nella Repubblica Democratica del Congo.

La missione di pace delle Nazioni Unite, il cui mantenimento per un anno supera il reddito nazionale dell’intero Paese, non è in grado di cambiare la situazione.

I missionari non interferiscono nella politica ma cercano di affrontare la potente crisi umanitaria che sta distruggendo il Nord Kivu. «Ogni giorno le persone muoiono di fame e a causa delle malattie più comuni. La nostra presenza dà incoraggiamento alle persone e garantisce la loro sicurezza. Ci chiamano “le nostre sorelle”, il che significa che siamo molto vicine a loro», ha raccontato suor Agnieszka.

Fragile nel suo aspetto fisico, nelle condizioni di guerra è il punto di riferimento per migliaia di persone bisognose. È coraggiosamente sostenuta da due consorelle del Rwanda e del Congo. «Viviamo solo grazie alla Provvidenza di Dio, le bombe cadevano intorno al nostro monastero, pochi metri di distanza e saremmo morte. Ci hanno portato i feriti, le pareti erano rosse di sangue», ha detto di uno degli scontri nella regione: «Sono arrivati alla missione altri rifugiati e l’ospedale gestito dalle suore stava scoppiando nel cercare di ospitare cinquemila pazienti, tra cui molti feriti. Attualmente il fronte si è allontanato dalla missione ma la situazione è ancora molto turbolenta».

Le missionarie sono un punto di riferimento soprattutto per le donne con bambini che, al primo segnale di pericolo, si rifugiano presso il loro monastero. Quando c’è più calma, suor Agnieszka fa rifornimento e cerca di ottenere il maggior aiuto possibile dall’estero. Questa sua lungimiranza ha spesso salvato delle vite. «In circostanze normali ottenere assistenza medica rasenta il miracoloso, quando la situazione si aggrava diventa impossibile», afferma. Le Suore degli Angeli gestiscono un centro di alimentazione che nonostante il conflitto opera ininterrottamente: «Quasi la metà dei bambini di età inferiore ai 5 anni in questa regione soffre di malnutrizione cronica. La tubercolosi e la malaria rimangono una grande sfida. Quest’ultima è la malattia che ancora uccide di più da noi», confida.

Alla domanda sui sogni delle missionarie, come molti abitanti della regione ripete: «Pace duratura. Questa terra è fertile e le persone potrebbero vivere qui in sicurezza e con dignità». Tuttavia, come se le disgrazie subite finora non fossero sufficienti, stanno iniziando a far sentire la loro presenza nella regione i jihadisti legati al sedicente “Stato islamico”, che provengono dalla vicina Uganda. Si moltiplicano le notizie sui massacri di persone indifese, lo stupro di donne e bambini. La missionaria ci ricorda l’appello di Francesco a togliere le mani dall’Africa. Sottolinea che la visita del Papa nella Repubblica Democratica del Congo è stata un’opportunità per far luce su questo angolo dimenticato del mondo e indirizzare a esso gli aiuti umanitari tanto necessari. Insieme ad altre consorelle chiede preghiere affinché abbiano forza e salute per continuare la missione.

di Beata Zajączkowska


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