Lorenzo Bernard ha 27 anni. Ma è una vittima della seconda guerra mondiale. Aveva 15 anni quando ha perso la vista per lo scoppio di una bomba a mano rimasta inesplosa per settant’anni. Ieri, alle Paralimpiadi di Parigi, Lorenzo ha vinto la medaglia di bronzo nell’inseguimento individuale di ciclismo, sulla pista del velodromo di Saint-Quentin-en-Yvelines. Insieme alla sua guida sul tandem, il bergamasco Davide Plebani, 28 anni. A marzo avevano vinto il bronzo ai Mondiali di paraciclismo su pista a Rio de Janeiro.
«Porto nel mio corpo le conseguenze di una guerra che è stata combattuta quasi mezzo secolo prima che nascessi e pedalo per tutti coloro che ancora oggi nei tanti contesti di guerra subiscono ferite, amputazioni e non è detto neppure che riescano a sopravvivere, a ricevere l’assistenza necessaria». Ecco il primo pensiero di Lorenzo, piemontese di Novalesa, valle di Susa, classe 1997.
Era il 2 marzo 2013 quando gli esplose in mano quell’ordigno della Seconda guerra mondiale al quale Lorenzo si era inavvertitamente avvicinato in un campo dove lavorava per la coltivazione di patate. Con il suo amico del cuore Nicolas Marzolino («ora siamo anche compagni di guerra») avevano scambiato la bomba, rossastra, per un lumino del tipo che si usa nei cimiteri. Oggi Lorenzo è parte attiva dell’Associazione vittime civili di guerra: la sezione Piemonte e Valle d’Aosta è presieduta proprio dal suo amico Nicolas che in quell’incidente ha perso anche una mano oltre la vista.
Con il sostegno pieno della famiglia, Lorenzo ha trovato nello sport un’esperienza di vita e non solo di riabilitazione: sci alpino, atletica leggera e soprattutto canottaggio, dove ha ottenuto grandi risultati: dal terzo posto ai Mondiali nel 2019, all’oro agli Europei nel 2020 proprio a Parigi dove ha ottenuto anche il record mondiale di pararowing indoor (ancora imbattuto) per poi vincere il titolo mondiale. E nel 2021 è arrivato quinto alle Paralimpiadi di Tokyo.
Poco più di un anno fa Lorenzo è passato al paraciclismo, ritagliandosi subito un ruolo da protagonista internazionale e trovando in Davide il compagno ideale nel tandem. Con un pensiero chiaro: «Non pedalo solo per me stesso, penso sempre ai bambini e ai ragazzi che non possono farlo. E non mi tolgo dalla testa le vittime di ogni guerra». Insomma, Lorenzo pedala «per la pace».
«Il mio è sempre un messaggio per educare alla pace attraverso lo sport» dice. «In fondo, mi ritrovo qui, con le medaglie, per la mia cecità causata da una guerra che non ho combattuto. Ma quello che è successo a me accade oggi purtroppo tutti i giorni nei tanti teatri di guerra nel mondo. E, come posso testimoniare sulla mia pelle, la guerra ha pure questa terribile eredità con i figli e i nipoti dei conflitti che rischiano di saltare in aria sulle bombe, anche a distanza di anni».
Lorenzo crede tenacemente nello sport come esperienza di pace. «Sì, perché noi atleti possiamo parlare delle nostre storie, vivere il confronto ma non lo scontro». Per questo, rilancia, «lo sport paralimpico è una manna dal cielo, non solo per me: è il luogo in cui ci si può misurare con i propri limiti e superare le proprie difficoltà, ma è anche luogo in cui si coltiva una cultura di dialogo che diventa pace».
Per ottenere questi risultati sportivi Lorenzo si sottopone ad allenamenti massacranti. A motivarlo è sì la vittoria ma non meno la testimonianza: «Oggi più che mai ho il dovere di essere testimone: ho perso la vista settant’anni dopo la Seconda guerra mondiale per una bomba lanciata per uccidere persone. Con le mie vittorie cerco di sensibilizzare gli altri a vivere la pace, a partire dalle piccole cose di ogni giorno, perché quando provi sulla tua pelle gli effetti della guerra capisci veramente quanto sia importante un mondo di pace».
Alle Paralimpiadi Lorenzo — che per l’Italia ha vinto la prima medaglia a Parigi e la numero 600 dall’edizione di Roma 1960 — tornerà in gara domenica 1° settembre per lo sprint sui 1000 metri, mercoledì 4 per la cronometro su strada e venerdì 6 per la prova in linea.
di Giampaolo Mattei