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La buona Notizia
Il Vangelo della XXVII domenica del tempo ordinario (Mc 10, 2-16)

Il matrimonio, i bambini
e i duri di cuore

 Il matrimonio, i bambini e i duri di cuore  QUO-222
01 ottobre 2024

Un pio giovane si rivolge a Gesù chiamandolo “Maestro buono”; e a queste parole in apparenza ineccepibili lui risponde: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo». Questi versetti riguardano il fatto che ci viene offerta una bontà migliore di quella alla quale possiamo pensare di aspirare. I Proverbi dicono: «Trova gioia nella sposa della tua gioventù». Nei profeti Dio parla della sua estrema fedeltà al suo popolo come di un dolce matrimonio che resiste a grandi delusioni. Tuttavia, Mosè ha ritenuto necessario consentire che si ponga fine al matrimonio. Gesù dice che è stata una concessione alla “durezza del cuore”. Il divorzio, qui, è un diritto dell’uomo, e Mosè protegge la donna chiedendo che il suo stato civile sia chiaro, di modo che lei e un eventuale futuro marito non vengano accusati di adulterio, un delitto capitale.

Gesù, lo Sposo, non può che vedere questi espedienti umani come molto distanti dal matrimonio così come inteso da Dio. Non è come dovrebbe essere: amore e lealtà non vengono nemmeno considerati, il che fa senz’altro pensare che la durezza di cuore possa essersi insinuata per creare il divorzio all’interno del matrimonio, senza tener conto dello stato civile. L’appassionata bontà che Dio ci rivela, che ci onora e sostiene, va oltre la nostra capacità o la nostra volontà di comprendere. Apprendiamo che alcuni bambini speravano di potersi avvicinare a Gesù e che lui s’indigna perché è stato loro impedito. Forse i discepoli e altri hanno ritenuto che fosse un atto opportunamente deferente verso quell’uomo saggio e santo. Ed è straordinario che i bambini siano attratti da lui mentre sta parlando con i farisei di argomenti seri della legge, magari perdendo un po’ la pazienza. Ma dal suo punto di vista, ecco di nuovo quei mortali che stanno indurendo il proprio cuore verso chi è veramente buono, creature che non fingono virtù, creature celesti, attratte da lui per affinità.

E poi incontra il giovane ricco, quello che lo chiama buono. La scena precedente a questa ci prepara a comprendere che esiste una bontà che a volte riusciamo a riconoscere, ma che di solito sminuiamo e ignoriamo. Questo giovane ha la visione di un bene elevato e nutre la seria speranza di raggiungerlo. Chiede: «Che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Gesù risponde citando alcuni dei principali comandamenti. Il giovane li ha sempre osservati, ma sembra dubitare che ciò sia sufficiente. «Gesù, fissatolo, lo amò»: poi lo invita a seguirlo; dopo aver dato tutte le sue ricchezze ai poveri, ovviamente. Ma per un uomo con le sue aspirazioni cedere una parte delle proprie ricchezze potrebbe sembrare una cosa da niente. Ha il Regno dei Cieli a portata di mano, ma va via a causa delle sue molte ricchezze.

Questo potrebbe suggerire una morale semplice se il racconto terminasse qui. Quando il giovane si allontana, Gesù dice che è praticamente impossibile che un ricco entri nel regno di Dio. Ciò sorprende i discepoli, che forse pensano che i ricchi siano in grado di soddisfare più facilmente quelle che, secondo loro, sono le esigenze della pietà. Quindi, chi di loro potrà essere salvato? Ci viene detto che Gesù, fissando il giovane, lo amò. Allora eccoci di nuovo all’amore, che è affascinato e appagato dalla natura dell’altro, profondamente consapevole del bene, più che disposto a perdonare. Quindi, dice loro Gesù, tutto è possibile presso Dio (Matteo, 19, 26). 

di Marilynne Robinson