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Lettere dal Direttore

Vivere da cristiani
al tempo dei selfie

 Vivere da cristiani al tempo dei selfie   QUO-227
07 ottobre 2024

Nella scorsa edizione del Festival di Venezia è stato assegnato il premio per il miglior film restaurato alla pellicola Ecce Bombo di Nanni Moretti del 1978. Il film di culto, come si usa dire, che lanciò il giovane regista romano nel panorama del cinema italiano era cupo, a tratti angosciante, ma anche ricco di intermezzi molto divertenti e battute che sono rimaste ancora oggi a distanza di quasi 50 anni nel “lessico nazionale”. In particolare c’è una scena che, ridendo, castigava i costumi non solo degli italiani, e coglieva quello che Hegel chiamava Zetgeist, lo Spirito del Tempo in quella torsione degli anni Settanta. Mi riferisco alla telefonata del protagonista, ovviamente interpretato dal regista stesso, che riceve un invito a una festa e risponde così, cito quasi alla lettera: «Che dici vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Vengo. Vengo e mi metto così, vicino a una finestra di profilo in controluce, voi mi fate: “Michele vieni in là con noi dai...” e io: “Andate, andate, vi raggiungo dopo...”. Vengo! Ci vediamo là. No, non mi va, non vengo, no. Ciao».

La preoccupazione è «come mi si nota di più?». Questa brevissima scena è il manifesto dell’avvento del narcisismo, quell’atteggiamento che già stava prendendo piede nei Paesi occidentali (due anni prima Tom Wolfe in America aveva pubblicato La decade dell’Io in cui avvertiva del fenomeno) e che in questi decenni ha pervaso di sé tutti i campi della società, dalla cultura alla politica, dall’università alla stessa Chiesa, dalla comunicazione allo spettacolo, allo sport... Pensiamo solo per un attimo alla politica: fino agli anni Ottanta i manifesti elettorali esibivano i simboli dei partiti non il nome e tantomeno il volto dei leader, poi progressivamente la situazione è cambiata e oggi i partiti sono diventati “personali”, il “leaderismo” ha prevalso. Anche in politica quindi, che è il luogo naturale del “noi”, l’Io ha preso il sopravvento. L’ego è cresciuto fino a livelli ipertrofici, come peraltro segnala la grafica anglosassone per cui la prima persona singolare si scrive I con la maiuscola, quasi a “mangiarsi” le altre persone.

Un altro segnale che viviamo nell’epoca del predominio dell’ego, è il fatto che nel 2013 l’Oxford Dictionary decretò che “la parola” di quell’anno era il neologismo “selfie”. Viviamo il tempo del selfie, dell’autoritratto, dell’autoreferenzialità, del mettersi in posa, del «come mi si nota di più?».

Il 2013 è anche l’anno dell’elezione di Papa Francesco. In qualche modo può essere vista come la risposta dello Spirito Santo allo Spirito del Tempo. Se uno ricercasse le parole più ripetute nei discorsi del Papa troverebbe proprio la parola “autoreferenzialità” (o concetti simili) e l'invito incessante a uscire da questa terribile tentazione. L’esortazione ad essere una Chiesa “in uscita” è innanzitutto a uscire da se stessi, dal proprio soffocante narcisismo. Papa Francesco è anche il primo Papa a essersi fatto un selfie. Potrebbe suonare come una contraddizione, se si è contro il narcisismo perché farsi un selfie? Precisiamo meglio: non si è fatto un selfie, ma è comparso in un selfie, soprattutto quando ha incontrato i giovani alcune volte questi ragazzi hanno scattato dei selfie insieme al Papa. E questo ci dice molto dello stile e della visione che ha Bergoglio. Una visione che non demonizza gli altri che la pensano diversamente o i fenomeni che emergono spesso in modo inquietante. Non demonizza ma al contrario cerca di conoscere, di comprendere. Standoci dentro e provando ad “allargare” quel fenomeno, scoprire se c’è, al suo interno, una via più ampia, più profonda, più umana. «Cercare e trovare Dio in tutte le cose», diceva sant’Ignazio di Loyola. Il suo figlio spirituale, dopo cinque secoli, ci invita allo stesso sguardo fiducioso sulla realtà, quella realtà dalla quale non si deve fuggire scandalizzati o indignati quanto invece provare, standoci dentro, a contaminarla di semi di speranza e carità. Ecco allora che si può anche fare un selfie ma non come autocelebrazione solitaria ma come momento festoso comunitario, togliendo dal centro l’Io così ingombrante e allargando alla visuale ad un Noi, che finalmente può diventare, come merita, maiuscolo. Il Papa ha spesso invitato le persone a guardarsi allo specchio, come esercizio di umiltà per riconoscersi fragili e quindi per non montare in superbia e giudicare aspramente gli altri e a volte ha aggiunto che può essere utile guardarsi allo specchio ma con accanto un altro, un amico. Questo sì che può essere utile, un “selfie” va bene, ma mai senza l’altro. Il protagonismo del proprio ego invece toglie la visuale a tanta bellezza che c’è nel mondo; è meglio quindi “de-centrarci” per lasciare lo spazio agli altri, e tutti ci guadagneranno. Come disse Dino Risi al giovane Nanni Moretti già all’inizio della sua carriera: «Moretti, spostati, facci vedere il film!».