La buona Notizia Il Vangelo della xxviii domenica del tempo ordinario (Mc, 10, 17-30)

La dieta del cammello

 La dieta del cammello  QUO-228
08 ottobre 2024

«È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Il senso dell’umorismo di Gesù, intriso di quel gusto così orientale per l’esagerazione, m’interpella e mi affascina sempre. Quale dieta potrebbe seguire un cammello per dimagrire abbastanza da infilarsi nella cruna di un ago? Se trovassi la risposta, forse scoprirei il cammino che i ricchi devono intraprendere per accedere all’Eternità.

La scena riportata da Marco lascia un’impressione indimenticabile. Mentre Gesù è in cammino verso Gerusalemme, un uomo ricco si getta ai suoi piedi e gli chiede: «Che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Gesù all’inizio gli risponde con semplicità, come avrebbe fatto qualsiasi rabbino, ricordando l’obbedienza ai comandamenti. L’uomo, ritenendosi esemplare, risponde che li ha seguiti tutti: ha onorato i genitori, non ha commesso omicidio né adulterio, non ha rubato né reso falsa testimonianza, non ha fatto del male a nessuno. Insomma, è ricco non solo di beni, ma anche di virtù. Eppure la sua domanda tradisce un dubbio, una mancanza interiore, una possibile insufficienza. Allora Gesù lo guarda con tenerezza e gli dice: «Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri… poi vieni e seguimi». L’uomo se ne va, sopraffatto dalla tristezza. Non sappiamo se alla fine si libererà dei suoi beni, ma si intuisce che, in quel momento, non ne è capace.

La prima risposta di Gesù è stata quella di un ebreo, fedele all’osservanza dei comandamenti; la seconda, quella di un cristiano, che invita a donare tutto. In una società in cui la ricchezza è percepita come un segno di benedizione divina, Gesù sorprende. Lui che avvalora tanto i doni e le elemosine è contrario alla ricchezza? Non proprio. Gesù mette in guardia contro un rischio potenziale e suggerisce un metodo.

Quale rischio? Il denaro può portare ad attaccarsi al denaro. Il mezzo diventa il fine in sé. Invece di servire, il denaro asservisce. Buon servitore, cattivo maestro.

E quale metodo? Finora quell’uomo non ha fatto che acquisire. Ha accumulato virtù e beni materiali. Può pagarsi pure la vita eterna? Non si compra Dio. Gesù lo sottolinea: la vita eterna non è un bene che si possiede o che si acquista. La può donare solo Dio. Finché si resta nella logica del possesso, il Regno di Dio rimane inaccessibile. Vi si entra solo attraverso la condivisione, perché condividere è imitare Dio nel suo gesto creatore.

Nella vita quotidiana due logiche si contrappongono: quella del denaro e quella del Vangelo. Una si basa sullo scambio, l’accumulazione e il profitto; l’altra sulla gratuità, la generosità e il dono. Attenzione: il possesso finisce spesso col possedere il possessore. «Non si possono servire due padroni» dice Gesù. Bisogna scegliere. Allora, come fa spesso, radicalizza il suo discorso invitando a lasciare tutto. Il che significa in concreto che occorre cambiare logica.

Gesù mostra una strana compassione per i benestanti… Non hanno vita facile questi poveri ricchi! Avendo trionfato nella logica dell’accumulazione, si ritrovano sprovveduti di fronte a quella della condivisione. E tra loro quello che è più da compatire è forse colui che eccelle in tutto, il ricco meritevole, il fedele parrocchiano. È caduto nella trappola della perfezione. Sant’Agostino spiegava bene come il vizio più grande sia l’orgoglio della virtù. Quest’uomo ha inseguito la perfezione morale con lo stesso fervore con cui ha inseguito il successo materiale, ed è attaccato a quest’ultimo come lo è a tutto il resto.

Gesù conclude l’episodio chiedendo di lasciare tutto per seguirlo: comodità, casa, beni, famiglia. In cambio promette una ricompensa cento volte più grande: fratelli e sorelle ovunque, un Regno celeste. «Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Non si tratta semplicemente dell’abbandono dei propri beni materiali, ma di un dono totale di sé, di un’espressione autentica dell’amore. La fede non è solo una credenza, è un cammino di vita. Il cristianesimo non è un “saper-pensare”, ma un “saper-essere”. (éric-emmanuel schmitt)

di Éric-Emmanuel Schmitt