Verso il Giubileo
Restauri a San Pietro
Torna a risplendere il Baldacchino di San Pietro. I teli e i ponteggi del cantiere di restauro che per nove mesi hanno coperto il capolavoro di Gian Lorenzo Bernini saranno rimossi entro il 27 ottobre per la cerimonia eucaristica presieduta da Papa Francesco a conclusione del Sinodo. A dare l’annuncio, in conferenza stampa, è stato l’arciprete della basilica papale di San Pietro, cardinale Mauro Gambetti che ha parlato di «una data altamente simbolica»: in quel giorno infatti, nel 1986 ad Assisi, si svolse lo storico incontro interreligioso per la pace voluto da Giovanni Paolo ii .
La visita per la stampa, organizzata dalla Fabbrica di San Pietro l’8 ottobre, alla vigilia della rimozione delle impalcature, ha reso possibile cogliere a distanza ravvicinata la monumentalità dell’opera berniniana alta circa trenta metri: dai putti alle api Barberini, dai motivi vegetali alla tiara e alle chiavi pontificie. Arrampicandosi lungo il fitto reticolato di acciaio che, come uno scrigno, negli ultimi mesi ha avvolto il Baldacchino, emergono la potenza e la lucentezza degli elementi decorativi, ma non solo. Poco sotto la sommità del capolavoro di Bernini alcuni graffiti testimoniano la presenza di restauratori e sampietrini che si sono avvicendati nei precedenti interventi di manutenzione. Sono state ritrovate addirittura la suola della scarpa di un bambino «che era probabilmente lì per apprendere il mestiere del papà» o «un foglio con la lista della spesa risalente al Settecente», racconta Alberto Capitanucci, responsabile area tecnica della Fabbrica di San Pietro: «Il Baldacchino gode di buona salute».
Ciò che colpirà l’occhio del pellegrino e del visitatore è la luce sfavillante del monumento realizzato tra il 1624 e il 1635 in bronzo, oro, legno e rame. Alto quasi 29 metri, si innalza su quattro colonne tortili slanciate ispirate a quelle della tomba di Pietro nell’antica basilica. L’ultimo restauro risaliva al 1758: vi lavorarono per circa tre mesi sessanta persone al giorno. Da allora una coltre di polvere umida aveva offuscato la brillantezza dell’opera: «Un risultato stupefacente e inaspettato del restauro è l’effetto color cuoio emerso dal bronzo in contrasto con lo sfavillio dell’oro — sottolinea Capitanucci —. Questo monumento doveva dare l’idea di una macchina processionale, con la stoffa del cielo sostenuto da aste rivestite in cuoio».
Particolarmente delicato è stato l’allestimento del ponteggio su cui, in ragione dell’esiguità di spazio, si è svolto un restauro quasi acrobatico. «Non potevamo appoggiarci al Baldacchino e dovevamo consentire una struttura che garantisse lo svolgimento della liturgia». I ponteggi pesanti diverse tonnellate sono frutto di sofisticati calcoli ingegneristici mirati a distribuire equamente il carico per non gravare eccessivamente sul pavimento sotto il quale si trovano le Grotte e la Necropoli vaticane. In collaborazione con il Gabinetto di Ricerche Scientifiche dei Musei Vaticani si è proceduto a individuare i materiali più idonei per l’intervento di pulitura. È stato un lavoro di squadra reso possibile grazie al sostegno dei Cavalieri di Colombo. Le competenze maturate sul Baldacchino hanno consentito l’avvio, a settembre, di un altro importante restauro che terminerà per novembre: quello sulla Gloria dell’Altare della Cattedra, eseguita sempre da Bernini nel 1666. Dal monumento è stata estratta la reliquia della Cathedra Sancti Petri Apostoli, un antico seggio ligneo, collocato in questi giorni nella sagrestia Ottoboni.
Terminata la fase di studio, il 27 ottobre sarà esposto ai piedi dell’Altare Maggiore, per poi essere ricollocato in sede. «Si tratta di un manufatto antichissimo, certamente di epoca carolingia che nella devozione popolare è stato considerato il seggio di Pietro», spiega Pietro Zander, responsabile della sezione Necropoli e Beni Artistici della Fabbrica di San Pietro. «In un fregio in avorio è rappresentata l’incoronazione dell’imperatore Carlo il Calvo che si svolse nell’875 nella Basilica. Sono inoltre presenti elementi più antichi come le formelle sul frontale con la rappresentazione delle fatiche di Ercole e delle costellazioni. Le indagini ci diranno se possono essere ascritti, come alcuni studiosi vogliono, addirittura al terzo secolo».
di Paolo Ondarza