Un dramma coniugale
Una donna si innamora di uomo giovane, bello e ricco; un amore travolgente. Fugge con lui, lo sposa, diventa la madre dei suoi quattro figli e continua ad amarlo nonostante lui si riveli diverso e violento fin dai primi giorni del matrimonio. Dopo vent’anni, quando riesce faticosamente a separarsi, durante un ultimo incontro lo uccide e ne fa sparire il corpo. Non confessa immediatamente; lo fa dopo che il cadavere viene ritrovato.
Parte da un fatto di cronaca nera il romanzo di Maria Grazia Calandrone Magnifico e tremendo stava l’amore (Einaudi, 2024) che racconta una storia vera, un dramma coniugale che in Italia è stato un caso giudiziario chiuso con una sentenza d’avanguardia, rivoluzionaria: assoluzione per legittima difesa.
Protagonista del libro è Luciana, ragazza bella e di buona famiglia, che ha 17 anni nel 1983 quando durante le vacanze al mare in Calabria conosce Domenico, ventitreenne aitante con una storia famigliare particolare, e ne ha 38 quando a Roma nel gennaio 2004 lo uccide con dodici coltellate al culmine di una violenta lite, e poi ne getta il corpo nel fiume Tevere con l’aiuto del suo nuovo compagno. In mezzo una vita di botte, umiliazioni, minacce. Ossessioni.
Lei non sempre subisce in silenzio. Quando è troppo, denuncia il marito e ogni tanto scappa, con i figli. Poi però torna. Sono scelte che con giudizi frettolosi, e a posteriori, appaiono incomprensibili, , ma c’è da dire che siamo negli anni Novanta, il problema della violenza domestica non è vissuto con l’intensità di oggi. In Italia non c’è ancora nemmeno la legge sullo stalking. E Luciana comunque continua ad amare quel ragazzo per cui aveva interrotto gli studi, rivelatosi prepotente, possessivo, infedele.
Il tribunale che la assolve con formula piena prende in considerazione non solo l’atto in sé, l’omicidio, ma anche i soprusi subiti e riconosce che Luciana uccide per disperazione. In quell’ultimo incontro Domenico tenta di strangolarla, lei si difende per non morire. Assolto anche il suo compagno.
Non è la prima volta che Calandrone scrive di violenza domestica. Nel libro Dove non mi hai portata (Einaudi, 2022, finalista Premio Strega) ricostruisce la storia di Lucia, la sua madre biologica, fuggita da un marito violento che è stata costretta a sposare. Lucia tenta una nuova esistenza insieme a un altro uomo, Giuseppe. Innamorati, fuggono dal Molise se ne vanno a Milano, ma le difficoltà li vincono . Per la legge dell'epoca, lei si è macchiata di gravi reati: relazione adulterina e abbandono del tetto coniugale. Nel 1965 Lucia e Giuseppe si lasciano morire a Roma nel fiume Tevere e abbandonano la figlia di otto mesi, l’autrice del libro, nel parco di Villa Borghese, confidando che qualcuno si sarebbe preso cura di lei.
Maria Grazia Calandrone è poetessa, scrittrice, giornalista, drammaturga e interprete, artista visiva, insegnante, autrice e conduttrice radiotelevisiva. Sulla sua storia famigliare è il libro Splendi come vita che ha pubblicato per Ponte alle Grazie (2021), una lettera d'amore alla madre adottiva che da un certo punto in poi non crede più all’amore della figlia.