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DONNE CHIESA MONDO

Violenza di genere: il magistero dei Papi

Un problema quasi satanico

 Un problema quasi satanico   DCM-010
31 ottobre 2024

Un problema quasi satanico: è il 19 dicembre 2021 quando Papa Francesco definisce così il dramma della violenza sulle donne. «È tanto grande il numero di donne picchiate, abusate in casa, anche dal marito. Il problema per me è quasi satanico» sono le sue esatte parole, pronunciate durante lo speciale televisivo Francesco e gli invisibili. Il Papa incontra gli ultimi. Perché in effetti è così: nonostante i tanti e diversi progressi che la promozione del genere femminile ha fatto registrare nel corso degli anni, le donne sono ancora “invisibili” e “ultime” in tante parti del globo e in tante culture e società. Invisibili e ultime sempre, tranne che davanti alle violenze e ai soprusi. In questi feroci categorie le donne sono, purtroppo, ai primi posti.

In quasi dodici anni di pontificato, Papa Francesco non ha mai mancato di denunciare a gran voce questo dramma — anzi questo crimine —; in molte occasioni ha ribadito la necessità di porvi fine e di tutelare la vita e la dignità femminile, riconoscendone l’importante ruolo sociale. Nell’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia, ad esempio, diffusa nel 2016, il Pontefice sottolinea che «la vergognosa violenza che a volte si usa nei confronti delle donne, i maltrattamenti familiari e varie forme di schiavitù non costituiscono una dimostrazione di forza mascolina bensì un codardo degrado». E aggiunge: «La violenza verbale, fisica e sessuale che si esercita contro le donne in alcune coppie di sposi contraddice la natura stessa dell’unione coniugale. Penso alla grave mutilazione genitale della donna in alcune culture, ma anche alla disuguaglianza dell’accesso a posti di lavoro dignitosi e ai luoghi in cui si prendono le decisioni».

Numerosi, poi, i discorsi e le omelie di Francesco che contengono riferimenti a questo drammatico tema. Il 1° gennaio di quest’anno, ad esempio, nella messa per la Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, nonché 53° Giornata mondiale della pace, il Pontefice chiede a tutto il mondo di «guardare alle madri e alle donne per trovare la pace, per uscire dalle spirali della violenza e dell’odio, e tornare ad avere sguardi umani e cuori che vedono. E ogni società ha bisogno di accogliere il dono della donna, di ogni donna: di rispettarla, custodirla, valorizzarla, sapendo che chi ferisce una sola donna profana Dio, nato da donna».

Parole, queste, che fanno eco a quelle pronunciate quattro anni prima, sempre nella solennità mariana del primo giorno dell’anno: «Le donne sono fonti di vita. Eppure sono continuamente offese, picchiate, violentate, indotte a prostituirsi e a sopprimere la vita che portano in grembo — dice il vescovo di Roma —. Ogni violenza inferta alla donna è una profanazione di Dio, nato da donna. Dal corpo di una donna è arrivata la salvezza per l’umanità: da come trattiamo il corpo della donna comprendiamo il nostro livello di umanità». Il Pontefice non manca poi di denunciare le tante, troppe volte in cui «il corpo della donna viene sacrificato sugli altari profani della pubblicità, del guadagno, della pornografia, sfruttato come superficie da usare. Va liberato dal consumismo, va rispettato e onorato; è la carne più nobile del mondo, ha concepito e dato alla luce l’Amore che ci ha salvati!».

I soprusi cui sono costretti il genere e l’umanità femminili sono al centro anche del discorso che Papa Bergoglio pronuncia l’11 marzo 2023, ricevendo in udienza i partecipanti all’incontro promosso dalla Strategic alliance of catholich research universities e dalla Fondazione Centesimus annus pro Pontifice: «Ogni persona va rispettata nella sua dignità e nei suoi diritti fondamentali: istruzione, lavoro, libertà di espressione, e così via — rimarca —. Questo vale in modo particolare per le donne, più facilmente soggette a violenze e soprusi. […] Da tanto tempo la donna è il primo materiale di scarto. È terribile questo. Ogni persona va rispettata nei suoi diritti». Forte, poi, il suo monito a «non tacere di fronte a questa piaga del nostro tempo» e a non lasciare «senza voce le donne vittime di abuso, sfruttamento, emarginazione e pressioni indebite. Facciamoci voce del loro dolore e denunciamo con forza le ingiustizie a cui sono soggette, spesso in contesti che le privano di ogni possibilità di difesa e di riscatto».

Qualche mese più tardi — è novembre 2023 — Papa Bergoglio invia un messaggio alla campagna nazionale contro la violenza sulle donne organizzata da rai Radio1, Gr1 e Cadmi d.i.r. e, intitolata Un’onda lunga contro la violenza maschile sulle donne. Anche in quest’occasione, il vescovo di Roma illumina, con le sue parole, una tragedia che troppo spesso si tende ancora a nascondere o, peggio ancora, che lascia indifferenti, quasi fosse “normale”. «La violenza sulle donne è una velenosa gramigna che affligge la nostra società e che va eliminata dalle radici — afferma Francesco —. E queste radici sono culturali e mentali, crescono nel terreno del pregiudizio, del possesso, dell’ingiustizia». «In troppi luoghi e troppe situazioni le donne sono messe in secondo piano, sono considerate “inferiori”, come oggetti — continua —: e se una persona è ridotta a una cosa, allora non ne se ne vede più la dignità, la si considera solo una proprietà di cui si può disporre in tutto, fino addirittura a sopprimerla».

«Dove c’è dominio c’è abuso! Non è amore quello che esige prigionieri», rimarca con chiarezza il Pontefice, richiamando ciascuno al dovere e alla responsabilità di prestare ascolto, tenere in considerazione «le donne vittime di abuso, sfruttamento, emarginazione e pressioni indebite. Non restiamo indifferenti! È necessario agire subito, a tutti i livelli, con determinazione, urgenza, coraggio». Anche perché — e Bergoglio lo scrive sull’account @Pontifex il 25 novembre 2022, nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne — «esercitare violenza contro una donna o sfruttarla non è un semplice reato, è un crimine che distrugge l’armonia, la poesia e la bellezza che Dio ha voluto dare al mondo».

Anche i predecessori di Papa Francesco hanno affrontato in diverse occasioni il tema della violenza sulle donne. Nel 2008, ricevendo in udienza i partecipanti al convegno internazionale intitolato Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza, Benedetto xv i afferma: «Ci sono luoghi e culture dove la donna viene discriminata o sottovalutata per il solo fatto di essere donna, dove si fa ricorso persino ad argomenti religiosi e a pressioni familiari, sociali e culturali per sostenere la disparità dei sessi, dove si consumano atti di violenza nei confronti della donna rendendola oggetto di maltrattamenti e di sfruttamento nella pubblicità e nell'industria del consumo e del divertimento». «Dinanzi a fenomeni così gravi e persistenti — prosegue — ancor più urgente appare l’impegno dei cristiani perché diventino dovunque promotori di una cultura che riconosca alla donna, nel diritto e nella realtà dei fatti, la dignità che le compete».

Non si può, poi, fare a meno di menzionare la Lettera alle donne scritta da Giovanni Paolo ii nel 1995 e della quale il prossimo anno ricorrerà il trentesimo anniversario. Una “pietra miliare”, potremmo dire, della posizione della Chiesa contemporanea su quei terribili fenomeni che Papa Wojtyła chiama «perversioni». «Guardando a uno degli aspetti più delicati della situazione femminile nel mondo — scrive —, come non ricordare la lunga e umiliante storia, per quanto spesso “sotterranea”, di soprusi perpetrati nei confronti delle donne nel campo della sessualità? Alle soglie del terzo millennio non possiamo restare impassibili e rassegnati di fronte a questo fenomeno». Di qui, il fermo monito del Pontefice polacco a «condannare con vigore, dando vita ad appropriati strumenti legislativi di difesa, le forme di violenza sessuale che non di rado hanno per oggetto le donne». Allo stesso modo, Giovanni Paolo ii denuncia, «in nome del rispetto della persona», «la diffusa cultura edonistica e mercantile che promuove il sistematico sfruttamento della sessualità, inducendo anche ragazze in giovanissima età a cadere nei circuiti della corruzione e a prestarsi alla mercificazione del loro corpo».

Fondamentale, infine, è il Messaggio alle donne, scritto da Paolo vi l’8 dicembre 1965. Tra i documenti conclusivi del Concilio Vaticano ii , il testo si rivolge, in particolare, alle «donne nella prova»: «Voi che state ritte sotto la croce ad immagine di Maria — scrive Montini —, voi che tanto spesso nella storia avete dato agli uomini la forza di lottare fino alla fine, di testimoniare fino al martirio, aiutateli ancora una volta a ritrovare l’audacia delle grandi imprese, unitamente alla pazienza e al senso delle umili origini».

L’attualità di quel Messaggio — del quale nel 2025 celebreremo il 60° anniversario —, ci dice purtroppo che la brutalità sulla donna rappresenta una ferita ancora sanguinante e aggravata dalla solitudine in cui spesso le vittime si trovano. Sole di fronte ai soprusi, sole di fronte ai tempi lunghi e interminabili della giustizia, sole davanti a Stati che non sempre riescono a garantire loro il giusto accompagnamento, oggi più che mai le donne devono essere messe in salvo. Possa l’imminente Giubileo essere un’occasione di riflessione anche su questo tema.

di Isabella Piro
Giornalista «L'Osservatore Romano»


C’è solo da piangere


Durante il viaggio in Africa nel febbraio 2023 il Papa ha incontrato  le vittime delle violenze nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Con coraggio e dignità alcune donne hanno raccontato al Pontefice la sofferenza patita. Bijoux Mukumbi Kamala è stata rapita dai ribelli nel 2020. Aveva 17 anni,  e per 19 mesi  è stata violentata «come un animale» dal comandante «più volte al giorno, quando voleva, per diverse ore». Quando è riuscita a fuggire era incinta. «Ho avuto due gemelle, che non conosceranno mai il loro padre». Emelda M’karhungulu nel 2005 aveva 16 anni. «Sono stata tenuta come schiava sessuale e abusata per tre mesi. Ogni giorno, da cinque a dieci uomini abusavano di ciascuna di noi. Ci hanno fatto mangiare la pasta di mais e la carne degli uomini uccisi.  Questo era il nostro cibo quotidiano. Chi si rifiutava di mangiarlo veniva fatto a pezzi e gli altri erano costretti a mangiarlo».

 «C’è solo da piangere», ha detto Francesco.