· Città del Vaticano ·

La scommessa del quotidiano

 La scommessa del  quotidiano  ODS-026
31 ottobre 2024

Non so se è la televisione a rendere le cose più grandi o sono le mie aspettative — o i miei timori —, ma quando incontro Claudia Koll mi stupisco di quanto sia minuta questa donna che per molto tempo ha vissuto nel mondo dello spettacolo e che con la sua associazione, Le Opere del Padre, si dedica, ormai da anni, ai poveri. Ciao Claudia, le dico, Sono arrivata.

Sono quasi tre settimane che le chiedo un’intervista, ho insistito e insistito e alla fine m’ero quasi arresa, poi, ieri sera, tu e io stavamo finendo di cenare quando squilla il telefono. L’intervista si farà, ti dico, L’appuntamento è domani. Sei contenta? Io faccio un sospiro: Speriamo vada bene. Ma certo che andrà bene! mi dici sorridendo come fai sempre di fronte ai miei mille dubbi. Lo sai, ho guardato molte testimonianze in cui Claudia racconta della sua conversione e tutte le volte in quella sua voce sentivo qualcosa che raramente mi capita di ascoltare: la fede. Questa donna ci crede veramente, ti ho detto, poi, con la scusa di lavare i piatti mi sono alzata da tavola. A una così non puoi mica mentire, perché chi conosce Dio conosce il cuore degli uomini, e anche se tu dici che ho un cuore grande, io quel dio che questa donna testimonia da anni, io da anni lo cerco senza mai trovarlo. Mi raccomando, mi dici prima di uscire, non fare come al solito che arrivi tardi agli appuntamenti.

Quando arrivo alla Colomba, lo spazio della parrocchia di Santa Felicita e Figli Martiri dove Claudia Koll si prende cura dei poveri, la trovo lì, con un microfono in mano, vestita con una giacchetta e dei semplici jeans, che legge ai poveri il Vangelo del giorno. È un brano che conosco a memoria — Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: Amico, prestami tre pani… — anche se nella mia memoria i ruoli si invertono: come sempre io non vado da nessuna parte, figuriamoci, è ‘st’amico mio che così, senz’appuntamento, viene da me alla mezza e inizia a chiedere e chiede tanto che alla fine gli faccio: Tiè, piglia ‘sti tre pani e vattene! Vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a darglieli quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza... Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.

Sì, ma quando? penso io e di colpo il mio pensiero si fa voce nelle parole di un uomo vestito di stracci. Quand’è? Quand’è che quest’amico si scrolla dal suo sonno e m’apre la porta? Claudia chiude il Vangelo, fissa lo sguardo su quell’uomo e gli dice: «Con Dio tu sei così insistente come lo sei con me?». Poi, inattesa, sì volta verso di me: Anche tu, dice, anche tu sei stata insistente con me». E io che prendo le parole non come suoni, ma come sassi, io alzo le mani e mi difendo: L’ho fatto a fin di bene, l’ho fatto per l’intervista. E vorrei dirle: Sai com’è, Claudie’, il Vangelo del giorno per me non è mai stato: Chiedete, è sempre stato: Non disturbate. Mi raccomando, Violante, non disturbare.

Per quasi un’ora in una saletta piena di sole, io e la donna minuta parliamo di una cosa per me difficile da comprendere: la preghiera. «La preghiera ha bisogno di testimonianza — mi dice Claudia —. Se non c’è chi annuncia il Vangelo nessuno crederà. Io fin da piccola sentivo mia nonna pregare, non solo il rosario, anche le semplici invocazioni: Signore, come faccio? Signore, aiutami! Signore, ti ringrazio!». Io mia nonna non l’ho mai sentita pregare se non quando era molto vecchia, allora, mi ricordo che invocava Padre Pio: Aiutami, diceva, Aiutami! Non l’ho mai sentita dire: Dio, ti ringrazio!

«Mia nonna mi ha insegnato questo: vivere Dio nel quotidiano — prosegue Claudia —. Io vivevo alla presenza di Dio, Lo respiravo». Io la guardo e mi domando com’è vivere alla presenza del Signore? Mi ricordo una volta, in una processione, a un tratto m’ero voltata e là, dietro di me, c’era una piccola donna incoronata, tenuta in alto da quattro uomini. Pensa quanto sarebbe bello vivere con la Madonnina che ti guarda le spalle, che tu puoi andare da quelli che hai offeso, da quelli che odi e pure da quelli ai quali ti vergogni di chiedere scusa — chi chiede più scusa? è da falliti — e dirgli: Mi dispiace, ho sbagliato... e sapere che qualsiasi sarà la loro reazione dietro c’hai la Madonnina che ti guarda le spalle e allora puoi fare tutto.

Claudia, le chiedo, forse per metterla in difficoltà come facevano i farisei con Gesù, forse per sciogliere i miei dubbi. So che tua nonna era non vedente: non ti sei mai chiesta perché nonna non vede, perché è malata? «Mia nonna era mia nonna, punto. La malattia non era un dramma per lei e questo grazie alla fede». E la malattia di tua madre? insisto. Non ti sei mai chiesta: perché mamma sta male, perché non guarisce, perché non può prendersi lei cura di me come fanno tutte le altre mamme? A questo punto Claudia Koll fa una cosa che non mi aspetto, una cosa che fa spesso Gesù quando ha a che fare con quegli ipocriti dei farisei: Claudia Koll ribalta la mia domanda, la con-verte, non si concentra su quella che io vedo come un’ingiustizia verso la Claudia bambina, ma sull’ingiustizia, come la chiamo io, che aveva patito sua madre non potendola crescere come avrebbe voluto, non potendola allattare. «Sicuramente mia madre avrà pianto, ma io non l’ho mai sentita. La sentivo pregare, invece». Poi fa una pausa e aggiunge: «Come ricordo ho questo, non la rabbia». Altra pausa. «È nelle prove, dice, che si vede la fede e la mia famiglia ha sempre avuto una grande fede, una fede positiva in un Dio benevolo che è Padre e perciò si prende cura dei suoi figli».

Mentre lei parla io penso alla mia di fede, alla mia di famiglia. Quello che ricordo è che tutte le domeniche dopo la messa andavamo dai nonni e lì i miei litigavano. «La mia famiglia aveva il dono di una fede rocciosa», dice Claudia in conclusione, e com’è che dice il Vangelo? Chiunque ascolta le mie parole e le mette in pratica sarà simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia… Viene il vento e la casa non cade. Ma c’è un altro uomo, un poveraccio che la casa se l’è costruita sulla sabbia, ‘sto scemo, viene il vento e gliela spazza via, e la sua rovina fu grande.

Ma se uno è un poveraccio che non c’ha avuto altro che sabbia nella vita? Su cosa la costruisce la propria casa, la propria fede, la propria salvezza? «Ogni volta che mi è stata fatta un’ingiustizia» riprende Claudia passando dal piano della malattia a quello del male, sì, del male che noi ci facciamo l’un l’altro. «Ogni volta Dio mi ha ricompensato perché Dio non abbandona, Dio sostiene». E quelli che vediamo buttati per strada? le chiedo, Anche questi poveri che tu cerchi di aiutare: per loro dov’è Dio? Dov’è il sostegno, dov’è la ricompensa? Lei allora fissa su di me il suo sguardo: «Noi non lo sappiamo — dice —. Noi non siamo in grado di vedere le opere di Dio nella vita delle altre persone, non sappiamo come Lui le salverà, come si manifesterà la Sua salvezza».

Ma io non capisco: che fine fanno tutte le nostre preghiere? Dio non è il dio di tutti? Allora, perché alcuni soccombono? Perché alcuni non ce la fanno? E nel dirlo mi viene in mente zio Ernesto che morì solo in un letto d’ospedale senza nessuno accanto. Claudia, le chiedo, è possibile fallire nell’impresa della vita? E prima che mi risponda le racconto la storia di zio Ernesto che aveva tutto ed è morto da solo. Ho sempre pensato alla sua vita come un fallimento. «Tu non puoi giudicare se una vita è sprecata», mi dice la donna minuta senza distogliere da me il suo sguardo, «noi non lo sappiamo. Non sappiamo Dio come interviene nella storia di ciascuno e non possiamo avere la presunzione di sapere perché in alcuni casi Dio fa un miracolo e in altri no: è un mistero». Ma se Dio non salva, allora che ci sta a fare? Non glielo dico, ma come se sentisse ciò che ho dentro, lei risponde: «Le vie della salvezza sono infinite. Può darsi che alcuni per salvarsi hanno bisogno del miracolo, altri, invece, non si salvano con il miracolo come noi lo intendiamo, ma per un’altra via, noi non lo sappiamo». Io so di non sapere c’era scritto sul tempio di Apollo a Delfi, mi dico, e di colpo mi tornano alla mente Socrate e la sua maieutica, i dialoghi platonici, la ricerca della verità e quel Vangelo che dice: Dio fa nuove tutte le cose e in questo noi non lo sappiamo, non sento solo la sapienza degli antichi, sento qualcosa che mi spaventa e mi attira: la fede.

Questa donna minuta crede in un dio padre, creatore delle cose visibili, ma anche di quelle invisibili, questa donna che fissa su di me il suo sguardo è rimasta aperta al mistero, quel mistero che a me, invece, manda ai matti, ma più voglio sapere, più m’assalgono i dubbi. «L’opera di Dio è profonda e riguarda tutta la vita di una persona — prosegue Claudia —. Lui, quando arriva, illumina tutta la vita e improvvisamente tu vedi il disegno e il senso». Ma se Dio non arriva? Se uno manca l’appuntamento? Io arrivo sempre tardi agli appuntamenti. Oggi eri puntuale. Oggi era un caso. Lei mi sorride come fai tu di fronte ai miei mille dubbi: «Dio dà tanti appuntamenti», mi dice e forse perché a dirmelo è una testimone di Cristo, una che c’ha la casa costruita sulla roccia, una che non te la sta raccontando, una che tutte le volte ci mette la faccia, pure con me che è un’ora che sto qua a provocarla, allora, mi dico che forse sì, forse c’è un dio che c’ha un’agenda piena di orari: allora, Violante, se oggi non puoi vieni domani, se domani sei occupata facciamo dopodomani, tra un mese, un anno. Viola’, anche quando credi che sia troppo tardi, tu bussa…

«La scommessa di Dio è nel quotidiano», mi dice Claudia prima di lasciarci. E in questo quotidiano che mi aspetta, in questo quotidiano appuntamento con la vita e con la salvezza, sapendo che forse è tardi per me, forse è già scoccata la mia mezzanotte, io esco da questa casa che ho costruito sulla sabbia, forse perché non c’era altro, forse perché non l’ho cercato, e vado in una casa costruita sulla roccia, che pure che viene il vento coi suoi mille dubbi la casa non te la spazza via, quella sempre lì sta, e oggi ci vado così senza appuntamento, busso a una casa che c’ha l’uscio sempre aperto: Ciao Gesù, gli dico, sono arrivata, e Lui lo trovo là dentro che mi aspetta, da quanto m’aspetti? Gesù che non scappi anche se io faccio tardi, Gesù che non fuggi o non t’arrabbi come me quando la vita mi va storta, Gesù, amico mio.

di Violante Sergi