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Il Vangelo della solennità di N. S. Gesù Cristo Re dell’Universo (Gv 18, 33b-37)

La voce della verità

 La voce della verità  QUO-262
19 novembre 2024

È un dialogo quello tra Gesù e Pilato che esprime bene due culture fortemente distanti: la visione del mondo degli ebrei e quella dei romani di quel tempo. Si ha l’impressione che Pilato non riesca a comprendere del tutto la gravità delle colpe imputate a Gesù. Del resto la cultura dei romani non somiglia in nulla a quella dei giudei. Bisogna infatti ricordare che è lontana da Pilato la visione della vita di quel prigioniero di nome Gesù, una visione troppo diversa dalla cultura latina e infatti Pilato deciderà di “lavarsene le mani”, cioè di lasciare la colpa dell’eccidio di Gesù al giudizio degli ebrei. Del resto i romani con le loro conquiste avevano incontrato culture e religioni diverse e possibilmente cercavano di non immischiarsene purché i conquistati rispettassero le leggi romane e pagassero i contributi pretesi da Roma.

Pilato ci prova a capire che colpa abbia quel prigioniero di nome Gesù. Vuole sapere che male ha fatto e quali danni ha provocato. È nel diritto di Pilato di fare domande e dare penitenze. Chiede infatti a Gesù: «Che cosa hai fatto?».

Gesù dà una risposta che davvero non poteva non stupire. Dice: «Il mio regno non appartiene a questo mondo. Se appartenesse a questo mondo i miei servi avrebbero combattuto per non farmi consegnare alle autorità». Immagino lo stupore di Pilato che forse pensa: «Ma di quale mondo parla?».

E forse Gesù gli fa un po’ pena come essere umano “strano” o confuso. Gli chiede: «Insomma, sei un re?». La risposta di Gesù è ancora più strana: «Io sono testimone della verità […] chi appartiene alla verità mi ascolta». E Pilato domanda: «Ma che cos’è la verità?». Il loro dialogo finisce qui, non poteva essere altrimenti. Pilato, uomo pratico e politico, sa bene che la “verità” è uno strumento in mano alla politica e che ciascun potere lo suona a modo suo. E da uomo politico deve aver pensato: «Questo è un poveraccio un po’ strano, forse un po’ fuori di testa, anche se, pare, ha parecchi seguaci». E allora per tenersi fuori da questioni locali inutili se ne lava “pubblicamente” le mani, perché sia chiaro che le vicende di quel prigioniero non riguardano l’interesse dei romani.

Non credo che fosse frequente che Pilato (governatore romano) avesse un dialogo con un condannato a morte, ma in questa occasione è presente. Di certo ha inteso parlare di Gesù, ma forse come un disturbatore delle regole sociali.

Gesù in questo momento è quello che ha buttato all’aria i banchi dei prestatori di denaro che stavano davanti al tempio. Infatti c’era stata una rissa. Ma poteva meritare una condanna a morte?

Certamente Gesù nel tempo si era fatto molti nemici, ma meritava la morte? Pilato domanda infatti a Gesù: «Che cosa hai fatto?». Gesù non risponde a tono, dice solo che il suo regno non è di questo mondo. Pilato chiede: «Sei un re?». Gesù risponde: «Sono venuto al mondo per testimoniare la verità». Stupito Pilato gli chiede: «Ma cos’è la verità?». È interessante che Pilato abbia fatto questa domanda: «Che cos’è la verità?». È un politico consumato dagli intrighi di potere al punto che diffida della verità; ne ha quasi paura. Forse ha pensato: «Certo, è bello difendere la verità come fai tu! Ma è tanto rischioso».

L’episodio finisce qui e forse vuole segnalare che la verità è un fatto rarissimo, che spesso viene ignorata o negata. Infatti Gesù diceva di se stesso: «Io sono la via, la verità, la vita». E questo non piaceva a tutti. 

di Liliana Cavani