La concretezza della carne antidoto
Nel viaggio di un giorno solo in Corsica, scandito da tre incontri e relativi discorsi, Papa Francesco ha toccato molti temi ma soprattutto si è tuffato nella realtà del popolo di questa bella isola nel cuore del Mediterraneo. Tuffato è il verbo giusto perché queste circa dieci ore passate ad Ajaccio sono state un lungo abbraccio tra il pastore della Chiesa universale e questa singola “pecorella”, la chiesa locale della Corsica che lo ha accolto con un affetto e un calore a tratti travolgenti.
Nel primo dei tre incontri il Papa ha voluto intervenire nella sessione conclusiva del Congresso sulla “Religiosità Popolare nel Mediterraneo” e ha offerto la sua riflessione su questo tema a lui molto caro. Lo ha voluto fare proprio in questo periodo storico, in questo “cambiamento d’epoca” in cui, ha detto, «specialmente nei Paesi europei, la domanda su Dio sembra affievolirsi e ci si scopre sempre più indifferenti nei confronti della presenza e della sua Parola». Tuttavia, ha aggiunto il Papa, «bisogna essere cauti nell’analisi di questo scenario, per non lasciarsi andare in considerazioni frettolose e giudizi ideologici che, talvolta ancora oggi, contrappongono cultura cristiana e cultura laica. Questo è uno sbaglio! Al contrario, è importante riconoscere una reciproca apertura tra questi due orizzonti». Citando Benedetto xvi il Papa ha sottolineato l’importanza cruciale di vivere una “sana laicità” che è fatta proprio dal rispetto, dal dialogo e l’armonia dei due orizzonti, quello laico e quello religioso. L’approccio ideologico finisce per essere escludente e conduce alla contrapposizioni penalizzando lo sforzo finalizzato alla ricerca del bene comune. Il ragionamento del Papa ha evidenti sfumature e ricadute politiche: in un mondo sempre più polarizzato e conflittuale la via della pace tra (e dentro) i popoli passa dalla riscoperta della pietà popolare: «È proprio in questa cornice che possiamo cogliere la bellezza e l’importanza della pietà popolare», la quale «esprimendo la fede con questi gesti semplici e linguaggi simbolici radicati nella cultura del popolo, rivela la presenza di Dio nella carne viva della storia, irrobustisce la relazione con la Chiesa e spesso diventa occasione di incontro, di scambio culturale, e occasione di festa. È curioso: una pietà che non sia festosa, festiva non ha buon odore; non è una pietà che viene dal popolo, è troppo distillata…». Nell’epoca dei populismi il problema non è che c’è troppo popolo, ma che ce ne sia troppo poco. Questa pietà semplice, festosa non deve mai degenerare nella superstizione, nella chiusura settaria ma aprirsi all’incontro, allo scambio culturale; solo così ha proseguito il Papa, riesce a offrire e a donare ai cristiani una «cittadinanza costruttiva» e ha aggiunto che, tante volte, «qualche intellettuale, qualche teologo, non capisce» questo fatto. Il Papa mette in guardia da una pietà “distillata”, disincarnata. È un sentiero sottile quello da lui indicato, che il cristiano è invitato però a percorrere senza paura: vivere con cuore semplice e libero la dimensione popolare della propria fede senza scivolare nel “folklore” superficiale, nella chiusura nel segno di una rivalsa identitaria, difensiva, figlia alla fine della paura del mondo. Al contrario questa pietà porta al “tuffarsi” proprio in quella carne viva della storia in cui Dio abita.
La concretezza di una fede autenticamente vissuta è l’antidoto al rischio ancora oggi molto presente dell’ideologia.
Tre brevissimi momenti di abbraccio fisico, tutti “fuori programma”, mostrano come in Francesco il pensiero non è mai disgiunto dall’azione. Entrando nella cattedrale di Ajaccio per il secondo incontro della mattina, si è fermato ad abbracciare don Gaston Pietri, un prete di 95 anni e 70 di sacerdozio, poi ha voluto salutare calorosamente uno per uno tutti i bambini del coro che lo avevano accolto cantando una versione riscritta di Halleluja di Leonard Cohen. Infine, dopo il discorso, il Papa ha abbracciato e accarezzato con una tenerezza struggente, un ragazzo chierichetto, affetto da disturbi mentali. Al termine del lungo abbraccio, il ragazzo si è staccato dal Papa e, con ampi gesti del braccio, lo ha benedetto. E il Papa lo ha ringraziato per la benedizione. Tre momenti brevi quanto intensi, toccanti, che hanno come sigillato l’abbraccio della Corsica al suo pastore che alla fine della giornata ha ringraziato il popolo giovane e vitale dell’isola perché lo ha fatto “sentire a casa”.
Un vecchio, dei bambini, un malato: il Papa sa che il mondo degli uomini è un mondo fragile e indica la cura come la via più giusta per umanizzare la vita. In una società dove tutto sta diventando “muscolare”, il Papa sa che le “ossa” di questa casa comune che è l’umanità sono fragili, bisognose di cura; all’uomo ubriaco della sua onnipotenza tecnologica che esercita l’arroganza di improntare tutto sulle prestazioni e i risultati, il Papa risponde invitando a guardare l’umiltà dei piccoli gesti, che diventano semi nascosti di bellezza e bontà, pronti a germogliare.
di Andrea Monda