Questa mattina sulla casella della mia posta elettronica mi è arrivato un messaggio che proponeva di aderire ad un programma di rafforzamento della sicurezza e della protezione nell’insidioso mondo della Rete e quindi anche della posta elettronica. Proprio perché voglio stare “al sicuro” non ho risposto né tantomeno aderito, temendo di “abboccare” ad uno di quei trucchi denominati nel gergo informatico “fishing”, sistemi per conoscere e quindi poi manipolare dati e indirizzi all’incauto che rispondendo rivela dati personali altamente sensibili come l’indirizzo di posta elettronica. Insomma, il classico “cane che si morde la coda”:
Ma il dettaglio che mi ha colpito in questa banale e brevissima vicenda è la frase che veniva riportata nel messaggio, messa lì a spingere verso l’adesione (con risultati evidentemente opposti), una frase attribuita a un presunto esperto di tecnologia che confesso di non conoscere e che avrebbe affermato: «La fiducia è buona, ma il controllo è meglio». In queste nove parole c’è sintetizzato lo Spirito del Tempo, avrebbe detto Hegel, di questo passaggio storico tra il secondo e il terzo millennio.
L’uomo occidentale contemporaneo ha operato, lentamente, quasi inavvertitamente come spesso avviene nei fenomeni umani, uno slittamento dalla fiducia al controllo. Con questa opzione a favore del controllo ha ceduto definitivamente alla paura, arrendendosi e innalzando bandiera bianca. Meglio: ha optato per la via del controllo come l’unica in grado di affrontare e superare la paura, le mille paure che da sempre accompagnano la sua esistenza quotidiana. Scartando così la via della fiducia, etichettata una volta per tutte come ingenuità, creduloneria, dabbenaggine, per cui “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”.
Qualche domanda a questo punto sorge spontanea e innanzitutto: quanto costa quello slittamento? Quanto ci costa il controllo? Siamo sicuri che il controllo garantisca una sicurezza assoluta e definitiva o, forse, invece di far diminuire le paure, le aumenta? E infine: cosa abbiamo perso rinunciando alla dimensione della fiducia? Perché ogni decisione che l’uomo compie sviluppa sempre degli effetti e questi possono essere a favore ma anche contro l’uomo stesso, possono condurre ad una maggiore “umanizzazione” o verso una drammatica “disumanizzazione”. L’umano infatti, a dispetto del nostro lessico ordinario, non è un “essere” ma un “divenire”.
E se poi pensiamo alla dimensione “più umana” che esiste, quella dell’amore e dell’amicizia, lì ci rendiamo conto che la fiducia non solo è “meglio”, ma è “tutto”, mentre il controllo non è solo “meno buono”, ma è proprio la fine di ogni relazione che possa assomigliare sia all’amore sia all’amicizia. Anche al prossimo messaggio che mi chiederà maggiore sicurezza nella posta elettronica non abboccherò dicendo di sì, ma al “messaggio” che è mia moglie ed è il mio amico spero di continuare a rispondere con il mio (ingenuo?) sì.