Lo scorso 12 febbraio ho potuto partecipare all’emozionante concerto de L’Orchestra del Mare al Teatro alla Scala di Milano, una serata di grande intensità e bellezza. I musicisti si sono esibiti suonando con gli strumenti (violini, viole e violoncelli) costruiti dai detenuti delle carceri di Opera e di Secondigliano con il legno dei barconi usati dai migranti per raggiungere le coste italiane.
Qualche giorno dopo la serata offerta dalla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti di Arnoldo Mosca Mondadori, ecco che mi imbatto, su Internet, con questa suggestiva immagine — opera del fotografo neozelandese Charles Brooks per la serie «Architecture in Music» —, che rappresenta l’interno di un violoncello.
Vederla e ricordare quel concerto è stato tutt’uno: lo strumento musicale qui è visto da una prospettiva inedita, da dentro, e non può non far pensare all’interno di una nave. Il violoncello, illuminato ed esplorato nella sua cassa armonica, mostra la sua “anima”, che è quella di una nave, anzi di un’arca. Sì, proprio l’arca di Noè che protegge e salva tutto ciò che esiste dal diluvio che con la sua furia annulla, cancella il mondo. Questo, non di meno di questo, accade quando un uomo costruisce uno strumento musicale e lo suona: apre una porta, una breccia verso una nuova possibilità, un riscatto per ogni essere vivente, riprendendo un'antica promessa, quella di custodire e di coltivare questo mondo che ci è stato affidato, salvandolo con la bellezza.