L’esperienza di suor Beatrice Jane Agutu in una scuola in Kenya

La disabilità non è inabilità

 La disabilità non è inabilità  QUO-201
06 settembre 2024

«Come suore cattoliche, e soprattutto come suore francescane di Sant’Anna, siamo chiamate a servire coloro che sono più vulnerabili. Il nostro impegno per alleviare la sofferenza e promuovere un cambiamento positivo continua a costringerci a lasciare che le nostre voci parlino per le molte persone vulnerabili che ci sono state affidate», ha affermato suor Beatrice Jane, che gestisce la scuola speciale San Martino di Porres a Kisumu, in Kenya, a servizio di oltre 300 bambini con varie disabilità. La sua non è solo la narrazione di un’esperienza, ma un invito ad un cambiamento di paradigma nell’offrire assistenza, supporto e compassione per le persone vulnerabili.

Il viaggio di suor Beatrice è iniziato come insegnante nelle scuole normali. Tuttavia, una chiamata profondamente radicata l’ha portata a esplorare l’educazione speciale, un’esperienza iniziata nel 2003 quando è stata chiamata a lavorare in una scuola per non udenti. «Pur non avendo alcuna esperienza precedente con la lingua dei segni — ha detto a “Vatican News” — la mia determinazione e compassione mi hanno spinto in avanti». Oggi, è una comunicatrice fluente con i sordi. Suor Beatrice funge da loro confidente, guida, tutor e figura materna. Il suo ruolo va ben oltre l’acquisizione del linguaggio. «Supervisiono una comunità di oltre trecento bambini alle prese con varie disabilità, che vanno da paralisi cerebrale, menomazioni fisiche, disabilità intellettive e altro ancora».

Il percorso per entrare nella sua scuola non è facile. Affinché i bambini ricevano una diagnosi corretta e un posto appropriato nelle scuole, i genitori devono navigare in un complesso sistema di valutazioni mediche ed educative prima che i loro figli possano essere ammessi. «La nostra scuola è una casa per questi bambini — ha spiegato — molti di loro sono confinati nelle loro case, trattati come fardelli, invisibili al mondo; questo isolamento aggrava le vulnerabilità dei bambini e limita le loro opportunità».

La scuola funge da ancora di salvezza per molti, un luogo in cui tra le sue mura i bambini trovano accettazione, libertà, amicizia, senso di appartenenza, opportunità di imparare e crescere e, più importante di tutto, amore. La ferma convinzione di suor Beatrice nel potenziale dei suoi studenti si è dimostrata contagiosa. Lei non vede disabilità, ma abilità non sfruttate. Il suo atteggiamento positivo è una prova della sua filosofia: «La disabilità non è incapacità». Vede oltre le loro sfide, riconoscendo il potenziale che si trova in ogni bambino.

«Gestire la scuola è una costante battaglia in salita», ha osservato, indicando le immense sfide che l’istituto deve affrontare. Il sostegno governativo inadeguato, la mancanza di risorse e le pressanti esigenze dei suoi studenti sono evidenti. La società spesso considera questi bambini come fardelli, mettendo a dura prova suor Beatrice e il suo team.

Molti genitori non possono permettersi i beni di prima necessità, per non parlare dei costi dell’assistenza e dell’istruzione specializzata. I loro genitori, sopraffatti dalle sfide di crescere un bambino con disabilità, spesso si rivolgono ai nonni per avere sostegno. «Il governo — ha osservato la religiosa — offre un supporto minimo, lasciando che istituzioni come la nostra si assumano da sole il peso di queste sfide». Anche la sua congregazione religiosa fatica a soddisfare le pressanti esigenze dei suoi studenti. Eppure, suor Beatrice e il suo team perseverano, fornendo non solo istruzione, ma cure essenziali, compreso cibo, vestiti e cure mediche.

Forse la sfida più straziante è l’indifferenza della comunità più ampia. Invece di offrire supporto, la scuola è spesso vista come una risorsa da sfruttare. La scuola e i suoi studenti sono invitati a contribuire alle attività della Chiesa, ma a volte ricevono poco sostegno finanziario.

In un’intervista a «Vatican News», la signora Claris Achieng Olare, il cui figlio soffre di paralisi cerebrale, afferma che lo stigma che soffrono come genitori è il fatto che la gente pensa che debbano aver fatto qualcosa di sbagliato e che quella è la conseguenza. Si appella alla società perché abbracci il fatto che tali casi ci sono, e l’importante è accettare e fornire la cura e il sostegno necessari a tali bambini senza pregiudizi.

Nonostante questi ostacoli, ci sono momenti di straordinario trionfo. Una giovane donna, una volta incapace di leggere o scrivere, è diventata una predicatrice e fonte di ispirazione per i suoi coetanei. «Queste storie alimentano la mia passione e mi spingono a continuare a prendermi cura di questi bambini, a creare un mondo in cui ogni bambino, indipendentemente dalle sue capacità, sia apprezzato e sostenuto», ha dichiarato suor Beatrice e ha aggiunto: «Questi bambini vanno celebrati, non compatiti».

Infine, la religiosa ha invitato tutti a coltivare i sogni e le potenzialità dei bambini con disabilità. «Unisciti a noi nella costruzione di un mondo in cui la disabilità non è incapacità, ma un catalizzatore per risultati straordinari».

di Roselyne Wambani Wafula


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