Quando con i beni confiscati
«Il modello italiano è un buon esempio di come i proventi del crimine possano essere destinati alla riparazione del danno causato alle vittime e alla società; di come possano servire alla ricostruzione del bene comune e alla pacificazione». Lo scrive Papa Francesco nel messaggio inviato ai partecipanti al Convegno sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, promosso dall’Organizzazione “Libera”, che si svolge oggi, giovedì 19, e domani venerdì 20 settembre presso la Casina Pio iv nei Giardini Vaticani. Ecco una nostra traduzione dallo spagnolo del testo pontificio.
Presidente, Eminenza,
Eccellenze,
illustri signore e signori,
Cari amici,
Porgo un caloroso benvenuto a tutti voi, partecipanti alla Conferenza sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, che state celebrando in questi giorni.
Il tema che state trattando in questa convenzione è orientato alla mitigazione delle organizzazioni criminali attraverso il recupero del bene comune. Dinanzi alla ferita che implica per la società la criminalità organizzata transnazionale, non resta altro che avere la volontà politica di affrontare un problema mondiale con una reazione mondiale, come ha indicato l’allora Segretario generale dell’onu, il signor Kofi Annan, nella prefazione alla Convenzione di Palermo e ai suoi protocolli.
La criminalità organizzata, che si profila come un gruppo strutturato che si stabilizza nel tempo e agisce in modo congiunto per commettere reati al fine di ottenere un beneficio materiale o economico, ha carattere transazionale, abbraccia tutti i grandi traffici. La lotta contro di essa è una delle sfide più importanti per la comunità internazionale poiché rappresenta, insieme al terrorismo, la minaccia non militare più rilevante contro la sicurezza di ogni nazione e la stabilità economica internazionale.
In uno scenario in cui la criminalità non conosce confini statali né sovranità nazionali, esiste oggi un consenso internazionale sul fatto che gli Stati, attraverso le loro istituzioni, non solo devono indagare e giudicare il crimine organizzato, ma anche collaborare tra loro per identificare i suoi beni e recuperarli, al fine di rendere impossibile la prosecuzione delle sue attività criminose. Ma occorre tener presente che il recupero dei beni non deve esaurirsi in questo obiettivo di politica criminale, ma deve essere ispirato alla riparazione e alla ricostruzione del bene comune, quello che la Costituzione conciliare Gaudium et spes definisce «l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione» (n. 26).
Il crimine organizzato, nella sua brutalità, attenta al bene comune; attacca milioni di uomini e donne che hanno diritto a vivere la propria vita e a crescere i propri figli con dignità e liberi dalla fame e dal timore della violenza, dell’oppressione o dell’ingiustizia; inveisce contro i gruppi socialmente emarginati che sono particolarmente vulnerabili alle attività della criminalità organizzata. Non è possibile né tollerabile dimenticare queste vittime perché solo pensando a loro si può comprendere il danno provocato dal crimine organizzato, e solo comprendendo tale danno si può discernere come assistere, proteggere e riparare, aspetti essenziali per risolvere conflitti e pacificare. In tal senso, il modello italiano è un buon esempio di come i proventi del crimine possano essere destinati alla riparazione del danno causato alle vittime e alla società; di come possano servire alla ricostruzione del bene comune e alla pacificazione.
Con la convinzione che sia indispensabile adottare un approccio integrato di lotta contro la delinquenza e rafforzare la cooperazione internazionale, vi invito a incentrare i colloqui di questi giorni sull’urgenza di recuperare il bene di tutte le persone, uomini e donne, il bene di ciascuno, dove tutti contano e nessuno è scartato, dove il progetto comune, al servizio della dignità umana, supera la somma individuale di ognuno.
Infine, mentre vi assicuro del mio ricordo nella preghiera e dei miei migliori auspici per il felice svolgimento del vostro convegno, vi incoraggio a condividere le vostre esperienze e riflessioni, ma senza perdere di vista le vittime e la comunità, orientandovi all’azione e intendendo il diritto e la giustizia come una pratica che ha come scopo la costruzione di un mondo migliore.
E con questi sentimenti, vi confermo le mie preghiere per voi e per le vostre famiglie, vi benedico e vi chiedo, per favore, di pregare per me.
Dal Vaticano, 19 settembre 2024
Francesco