Verso il Giubileo
8. San Giovanni in Laterano

Basilica giubilare
trionfo di Cristo

 Verso il Giubileo  QUO-229
09 ottobre 2024

La storia della “madre” di tutte le chiese e del suo profondo rapporto
 con San Pietro e l’Anno Santo
 Secondo le fonti era la più preziosa e ricca di reliquie


Nella basilica di San Giovanni in Laterano, la più antica d’occidente, trionfa la Resurrezione. Lo si vede bene anche da lontano: sul vertice della facciata della chiesa svetta la statua del Risorto che solleva il braccio e protende la mano, attirando a sé l’umanità. La basilica è collegata da lunghi rettifili a quelle di Santa Maria Maggiore e di Santa Croce in Gerusalemme. La prima rappresenta la Nascita, mentre la seconda testimonia la Passione e Morte di Nostro Signore; insieme formano una triangolazione spirituale che parla di Cristo.

E, all’interno della chiesa laterana, il suo volto campeggia nel catino absidale, opera di Jacopo Torriti nel Duecento e poi rimaneggiato tra gli anni 1876 e 1886 sotto Leone xiii . Questo volto del Salvatore ripete in grande scala quello conservato nel vicino Sancta Sanctorum.

La prima dedicazione della basilica fu al Cristo Salvatore, poi con Papa Gregorio Magno furono aggiunti Giovanni l’Evangelista e Giovanni Battista. È considerata la madre di tutte le chiese: questa è la prima, voluta dall’imperatore Costantino, all’indomani della vittoria a Ponte Milvio nel 313. I cristiani poterono smettere di nascondersi e professare la religione liberamente per la prima volta, proprio qui, in questa basilica.

Sistemazioni urbanistiche


La connessione urbanistica imprime un legame spirituale che si amplifica nello spazio giungendo anche ad altri luoghi sacri di Roma e soprattutto a San Pietro. Dal luogo della tomba del Principe degli Apostoli, partiva infatti la processione di intronizzazione del Papa che si concludeva nella basilica di San Giovanni in Laterano con la presa di possesso della cattedra, quale vescovo di Roma. Questo itinerario, fortemente simbolico perché passava anche dal Colosseo, luogo di martirio dei primi cristiani, e dal colle capitolino, luogo del potere dell’Impero romano e poi della Roma comunale, è documentato per la prima volta nell’858 con Papa Niccolò i .

Nel secondo Giubileo, quello del 1350, Clemente vi aggiunse la basilica di San Giovanni in Laterano a quelle di San Pietro e di San Paolo. Il percorso dei Pontefici veniva ricalcato dagli itinerari giubilari, ramificandosi nel tempo verso altre basiliche, Santa Maria Maggiore per prima, che divenne la quarta basilica prescritta dalle visite che i pellegrini dovevano fare ripetutamente per ottenere l’indulgenza.

Polarità San Pietro - San Giovanni in Laterano


Durante il primo Giubileo, Bonifacio viii viveva ancora al Laterano, e la sua bolla di indizione Antiquorum Habet Fida Relatio fu datata il 17 febbraio 1300 presso la residenza, in accordo con le regole della cancelleria. Pochi giorni dopo, il Papa decise però di promulgarla una seconda volta e in calce riporta Datum Romae apud S. Petrum, “dato a Roma presso San Pietro”. Questa oscillazione tra i due poli, Vaticano e Laterano, mostra in controluce il carattere eminentemente petrino che secondo Bonifacio doveva connotare il Giubileo ma anche l’irresistibile attrazione esercitata dal luogo santo oltretevere sui fedeli che andavano a pregare sulla tomba dell’Apostolo e veneravano il celeberrimo Velo della Veronica. Tutto questo viene suggellato il 22 febbraio, festa della Cattedra di Pietro, quando il Pontefice si recò a San Pietro e in modo solenne, rivestito di paramenti splendidi, una pianeta in seta dorata, annunciò l’indulgenza del Giubileo e depose la bolla sull’altare dell’Apostolo.

L’affresco giottesco


Un tipico simbolo del Giubileo è il frammento di affresco che si trova nel primo pilastro a destra della basilica raffigurante Papa Bonifacio viii affacciato a una loggia nell’atto di benedire o dell’allocuzione e che generalmente è interpretato come l’atto di indire il Giubileo. Da una copia di Jacopo Grimaldi conservata in un manoscritto della Biblioteca Ambrosiana (Instrumenta translationum, ms . 1622, f. inf 227) si può ricostruire l’aspetto originale dell’affresco, molto più grande del brano conosciuto: Papa Bonifacio è rivolto alla folla dall’alto della loggia lateranense, affiancato da un chierico e da un cardinale, forse Francesco Caetani. Al di fuori del baldacchino papale si dispiegano numerosi prelati disposti in due gruppi simmetrici a destra e a sinistra. Lo storico Onofrio Panvinio inoltre, nel 1570, ricordò come la scena facesse parte di un vero e proprio ciclo pittorico assieme al Battesimo di Costantino e all’edificazione della basilica lateranense, precisando che il luogo originario si trovava nella loggia chiamata thalamo o pulpitum Bonifacii, in corrispondenza dell’odierna loggia delle benedizioni, che in una prima redazione fu fatta costruire dallo stesso Papa sul fronte del palazzo aggiunto all’antico Laterano. La commissione dell’affresco si data al periodo dello svolgimento del primo Giubileo o comunque intorno all’anno 1300. In ogni caso, diversi studi hanno proposto una rilettura del soggetto iconografico, identificato piuttosto come una cerimonia delle “maledizioni” che si svolgevano il Giovedì Santo, in quel caso il 7 aprile dello stesso anno, e che colpirono i Colonna e Filippo di Francia, o con la seconda bolla giubilare del 22 febbraio 1300, promulgata nello stesso giorno della Antiquorum Habet Fida Relatio incentrata, appunto, sull’esclusione dei nemici della Chiesa dal beneficio delle indulgenze. Dando adito a questa seconda interpretazione, si evidenzierebbe, nell’affresco, un evidente significato politico.

Urbanistica a misura di pellegrino


Nei secoli si susseguirono diversi interventi per creare un assetto viario che agevolasse il cammino dei pellegrini, come il progetto urbanistico di Sisto v con l’aiuto di Domenico Fontana che si estendeva verso il Colosseo e San Giovanni, e prevedeva un tracciato viario a forma di stella le cui punte erano le basiliche, ma che non fu realizzato, poi il progetto di Gregorio xiii in vista del Giubileo del 1575.

Eccezionalità dell’arcibasilica


La basilica era il cuore di un complesso di edifici che le sorgevano intorno, chiamato Patriarchio dove vissero i Papi, dall’epoca di Costantino eccetto il periodo avignonese, dal 1309 al 1377. Alla fine del Trecento quindi, la corte pontificia cominciò a trasferirsi in Vaticano, anche perché la fortezza di Castel Sant’Angelo garantiva una protezione inespugnabile nei momenti di pericolo.

L’importanza, anzi l’eccezionalità del Laterano si esprime fin dalla sua definizione, che si riscontra in alcune iscrizioni sulla facciata principale: Omnium Urbis et Orbis Ecclesiarum Mater et Caput, ovvero madre e capo di tutte le Chiese dell’Urbe e dell’Orbe e si riflette nelle fonti, a cominciare dal Liber Pontificalis: «Ricca e splendida d’oro e di marmi, ad imitazione del palazzo dei Cesari, la basilica fu chiamata aurea». Nel suo dizionario geografico, l’erudito arabo Yāqūt, vissuto tra xii e xiii secolo, descrive le mirabolanti meraviglie di Roma, stila un elenco di chiese e attribuisce a San Giovanni, che chiama “delle nazioni” ovvero Ecclesia universalis, la maggiore importanza.

La più preziosa


Yāqūt aggiunge che San Giovanni è anche la chiesa più preziosa e ne descrive con ammirazione le innumerevoli porte delle quali quaranta d’oro, una selva di colonne in marmo splendido o in bronzo dorato, un altare tutto incastonato di smeraldi e ancora statue auree con occhi di rubino. Non si sofferma sulle reliquie se non per quelle appartenenti alla sfera ebraica come la verga di Mosè, resti delle tavole della Legge e dell’arca dell’Alleanza. Secoli prima, anche il Liber Pontificalis aveva parlato dei donativi fatti da Costantino per conferirle magnificenza imperiale.

Una fabbrica in continua evoluzione


La pianta attuale ricalca quella costantiniana ed è divisa in cinque navate. Fu sempre, attraverso il tempo, impreziosita da opere d’arte di grande valore, anche grazie alle donazioni molto ben testimoniate dalle fonti, come il Liber Pontificalis. Nel tempo subì distruzioni e saccheggi. Nel 1300, con Bonifacio viii , furono intrapresi nuovi lavori in occasione del primo giubileo della storia, forse anche, come già accennato, con affreschi eseguiti da Giotto, e di nuovo Papa Innocenzo x ne commissionò un totale riassetto, per il Giubileo del 1650. Architetto incaricato fu il Borromini. La navata centrale fu caratterizzata dal gigantismo delle proporzioni e le laterali da prospettive chiare ed essenziali. Dalla fine del 1702 nelle nicchie borrominiane dei pilastri a forma di tabernacolo presero posto le statue dei dodici apostoli, ispirate per la maggior parte a disegni del pittore Carlo Maratta. Papa Clemente xii fece aggiungere la grandiosa facciata, coronata da quindici enormi statue, progettata da Alessandro Galilei, completata nel 1734. Gli ultimi grandi interventi si ebbero con Pio ix , nel xix secolo, che restaurò il tabernacolo e la confessione, poi con Leone xiii , che tra gli anni 1876 e 1886 incaricò l’architetto Francesco Vespignani di abbattere l’abside e di ricostruirla arretrata. Nell’occasione, il mosaico di Jacopo Torriti fu smontato, rimontato e fortemente rimaneggiato.

Le reliquie


Eppure sono le reliquie a interessare e attirare maggiormente i pellegrini. Secondo le fonti nessuna chiesa possedeva più reliquie della basilica di San Giovanni. Nel xii secolo, l’abate islandese Nikulas di Munkathvera scriveva: «Si dice che Roma misuri quattro miglia di lunghezza e due di larghezza. Vi sono cinque sedi vescovili. Una è presso la Chiesa di San Giovanni Battista. Lì si trova il seggio papale e vi si conservano il sangue di Cristo e della sua tunica, la veste di Maria e gran parte delle ossa di San Giovanni Battista; lì ci sono il prepuzio di Gesù Bambino e il latte del seno di Maria, frammenti della corona di spine di Cristo e della sua tunica e molte altre sacre reliquie, conservate in un unico grande vaso d’oro».

Le sacrosante teste di Pietro e Paolo


Le reliquie più preziose restano le teste di Pietro e Paolo, custodite in busti in argento, poste in alto e visibili attraverso una grata dorata, sopra l’architrave che sostiene la copertura del ciborio gotico, opera di Giovanni di Stefano nel 1367. Questi busti reliquiari furono realizzati all’inizio dell’Ottocento, mentre quelli originali, risalenti al 1370 durante il pontificato di Urbano v (1362-1370), furono fusi alla fine del Settecento per pagare l’indennità di guerra alla Francia napoleonica con il trattato di Tolentino del 1797. Proprio sotto il ciborio, alla fine di scale elicoidali, si trova la tomba di Papa Martino v che volle farsi seppellire all’ombra delle sacrosante reliquie.

Le mense di Pietro e dell’Ultima Cena


L’altare di marmo, inoltre, ne ingloba un secondo in legno, dove secondo la tradizione avrebbe officiato la messa l’apostolo Pietro. Quest’ultima reliquia fa da contrappunto ai resti della mensa, sempre in legno, dell’Ultima Cena, posta a sinistra dell’altare maggiore, in una stanza non accessibile, in corrispondenza del rilievo in argento di Curzio Vanni del xvi secolo. Certo è che la presenza di queste due analoghe reliquie all’interno della stessa basilica dà corpo a una simbologia importante: la continuità del mistero dell’Eucaristia, da Cristo a Pietro.

Antichi simboli del passato si trasformano nel presente


Di fronte o all’interno della basilica stessa, le fonti storiche e iconografiche testimoniano la presenza di diverse opere dell’antica Roma, esaltando ancora una volta l’importanza del Laterano. 

La lupa capitolina, celebre scultura in bronzo ora ai Musei Capitolini, rappresenta il simbolo della città. Giunta in Campidoglio con la donazione di Sisto iv . Le prime notizie sicure su questa statua risalgono al x secolo, quando si trovava incatenata sulla facciata o all’interno del palazzo del Laterano: nel Chronicon di Benedetto da Soracte risalente allo stesso periodo, il monaco descrive l’istituzione di una suprema corte di giustizia «nel palazzo del Laterano, nel posto chiamato […] cioè la madre dei Romani». Processi ed esecuzioni “alla lupa” sono registrati fino al 1450. La Lupa era conservata insieme ad altri monumenti del passato, come l’iscrizione bronzea della Lex de imperio Vespasiani, ed erano esposti come cimeli, simbolo di passaggio tra passato e presente dal mondo pagano a quello cristiano, dall’impero romano al papato.

Un’altra testimonianza eccezionale giunta dal mondo antico si trova all’entrata della navata centrale, chiusa dal superbo portone in bronzo del i secolo a.C. che apparteneva alla Curia Iulia, l’antica Sede del Senato Romano nel Foro. Fu fatto smontare nel 1656 da Alessandro vii e restaurato da Borromini, che aggiunse i simboli araldici dei Chigi, stelle e ghiande.

La presenza al Laterano della scultura bronzea di Marco Aurelio viene ricordata dal x secolo, ma è probabile che vi si trovasse almeno dalla fine dell’ viii secolo, quando Carlo Magno volle duplicare la sistemazione del campus Lateranensis. Nel gennaio del 1538, per ordine di Papa Paolo iii Farnese, la statua fu trasferita sul colle Capitolino, che dal 1143 era diventato sede delle autorità cittadine. Nella basilica di Santa Maria sopra Minerva, nella cappella Carafa, dipinta da Filippino Lippi tra il 1488 e il 1493, sullo sfondo a sinistra, di fronte alla veduta del Laterano si staglia la scultura dell’imperatore romano, offrendo così uno spaccato del suo tempo. La basilica e i palazzi lateranensi sono stati raffigurati in innumerevoli vedute, soprattutto acquerelli e incisioni che riflettono la passione dei viaggiatori del Grand Tour nel 700.

L’obelisco nella piazza San Giovanni in Laterano è alto 32,18 metri raggiungendo con il basamento 45,70 metri. Risale all’epoca dei faraoni Tutmosis iii e Tutmosis iv , quindi nel xv secolo a.C. Proviene dal tempio di Amon-Ra a Tebe, in Egitto. Fu portato a Roma dall’imperatore Costanzo ii nel 357 e posto dal praefectus urbis Memmio Vitrasio Orfito sulla spina del Circo Massimo. Venne riscoperto nel 1587, insieme all’obelisco Flaminio, e fu trasportato ed eretto nella sua attuale collocazione dall’architetto Domenico Fontana per volere di Papa Sisto v .

La Porta Santa Lateranense


La porta laterale destra sul fronte della basilica è di bronzo scuro, quasi corrusco, ma brillano chiari fin da lontano il piedino del Bambino Gesù e la mano della Vergine, segno del passaggio dei fedeli e del loro gesto di devozione che li porta a sfiorare, fino a dove possono in altezza, l’immagine sacra.

Nel 2000 in occasione del giubileo, San Giovanni Paolo ii volle dotare la basilica lateranense di una nuova Porta Santa. Opera dello scultore Floriano Bodini, allievo di Francesco Messina, è a un solo battente in bronzo e misura 3,6 metri di larghezza e 1,9 metri di altezza. Tutta la porta è attraversata da una grande croce. Sotto Cristo, dal volto doloroso e le grandi mani abbandonate, si inscrivono, come in tutt’uno la Vergine che abbraccia teneramente il Figlio e con la destra benedice alla latina. In basso c’è lo stemma pontificale.

Sulla porta si leggono delle targhe e ciascuna segna il passaggio di un Pontefice attraverso la Porta Santa in occasione dei giubilei precedenti. Sono semplici, piuttosto piccole ma commoventi, anche perché ognuna è scritta con i caratteri epigrafici tipici di ogni periodo corrispondente, segnandone il tempo.

Il 29 dicembre, Papa Francesco aprirà la Porta Santa di San Giovanni in Laterano che sarà chiusa entro domenica 28 dicembre 2025.

di Maria Milvia Morciano