Signore,
Tu hai detto che basta un granello di senape di fede per spostare le montagne, Tu sai che io di fede ne ho ancora meno: tant’è che montagne non son mai riuscito a spostarle.
Eppure, con i quattro soldi di fede che ho, ho pregato.
Ho pregato per non vacillare, non cedere. Ho pregato per trovare la forza di reagire. Ho pregato per non perdere la speranza. Ho pregato non per ottenere “la grazia”, ma per essere protetto dalla “Grazia”.
Ho pregato affinché l’Angelo custode a cui la Pietà Celeste mi affidò mi illuminasse, mi custodisse, mi reggesse e governasse. Era un compito arduo, ma lui, naturalmente, ci è riuscito. Al meglio.
Ed ora prego per ringraziare di tutto ciò che la Provvidenza mi ha donato.
E pregherò per dare Carità.
Ecco: se dovessi scrivere una preghiera, direi che sceglierei queste parole. Ed in effetti è bene pregare, perché se è vero — come più volte ho detto e scritto richiamandomi a san Paolo – che la preghiera senza opere serve a poco, è altresì vero che tra preghiera e opere intercorre un rapporto biunivoco. Pertanto ne discende che il ragionamento può essere reversibile: di opere, senza preghiera, o se ne fanno ben poche o se ne fanno sbagliate.
In altri termini, la preghiera funziona alla stregua di carburante. Si può avere l’automobile più potente, ma se non si versa benzina nel serbatoio non si va da nessuna parte, neanche si avvia il motore.
Ecco perché ricordo di aver pregato per procurarmi la lucidità e l’energia indispensabili per rimboccarmi le maniche, per prendere di petto la mia situazione.
“Aiutati, ché Dio ti aiuta” mi ricordava mia madre (sempre lei!), la stessa che spesso ti invocava: «Gesù, Gesù, pensaci Tu, ché qui non se ne può più». Quant’è vero.
Le devo molto, in primis la fede; che mi ha trasmesso, nonostante — da buona toscana — credesse un po’ a modo suo.
Molte volte mi chiedo che cosa sarebbe stato di me senza quel carburante. Come sarei finito? Male? Sì, non ci sarei finito, semplicemente sarei rimasto dove già ero: nella disperazione, nello smarrimento, senza fiducia, energie, autostima. Nell’incapacità di buttarmi a cercare la soluzione delle mie sventure.
Il che significa anche non vergognarsi di dire: «Sì, sono in difficoltà e cerco aiuto»; e di non rifiutarlo, se offerto.
Ho avuto prova della verità contenuta nella frase: «Chiedete e vi sarà dato». Io ho chiesto e mi è stato dato.
Perciò ringrazio la Provvidenza.
Signore, Tu mandi a ciascuno una croce; sta a noi scegliere se prenderla e seguirti. È possibile, perché non è mai una croce così pesante da non poter essere portata. Per riuscirci bisogna comunque irrobustire i muscoli, ma sono i muscoli dello spirito, ossia la fede; e la preghiera è la palestra per farlo.
Ed infine, Signore, per un’ultima cosa Ti prego. A me hai provveduto, ma il lavoro non sarebbe completo se non proteggessi anche coloro — tutti ed ognuno — che mi hanno aiutato (perché nessuno si salva da solo), mi sono stati e mi stanno vicini/e, confortandomi, consigliandomi, incoraggiandomi.
Senza di loro probabilmente non sarei qui a scriverti questa mia preghiera.
E dulcis (forse non tanto) in fundo, abbi un occhio benevolo su tutte le persone che mi sono care, vive o defunte, anche quelle che non mi hanno aiutato tanto; anzi, possono aver contribuito, magari senza volerlo, ai miei guai.
Non voglio odiarli/e: aiutami anche in questo.
Se è vero che, come cantavano i Nomadi (un gruppo musicale di quaggiù, di cui sicuramente, nella tua onniscienza, saprai), «nei campi di sterminio Dio è morto» e tanti — troppi — ci provano ancora ad ammazzarti; altrove c’è tanta altra gente che invece ti vuole ben vivo, presente ed operante nella propria vita.
Amen. (fabrizio salvati)
di Fabrizio Salvati