La cappella del carcere un luogo di libertà

 La cappella del carcere  un luogo di libertà  ODS-026
31 ottobre 2024

La persona in carcere può essere annoverata tra gli ultimi? L’opinione pubblica non risponderebbe perché non prende in considerazione il detenuto, non lo considera. Si ferma alla cronaca del fatto e non pensa alla persona che deve comunque vivere. Pensa che sia un problema dello Stato che lo deve gestire attraverso le carceri. Poco importa, poi, se poi lo fa tradendo lo spirito della Costituzione, limitandosi a custodire e non a concorrere alla ricostruzione della persona.

In Italia, il popolo dei reclusi è composto da 65.000 persone.

Dentro il carcere c’è spazio per una convivenza rispettosa anche tra persone appartenenti a nazioni, fedi e lingue diverse. C’è sempre il modo per scambiarsi un aiuto, per un’accoglienza. Potrebbe sembrare impossibile e invece è la quotidianità.

Vivere ogni giorno gomito a gomito, pur nella follia di tenere le celle chiuse, crea una relazione tra pari: tutti umili, senza prevaricazioni.

Il carcere rappresenta il luogo ove si apprende e si insegna il saper vivere con semplicità, con umiltà.

Certo, ci sono sempre i prepotenti, ma nel complesso si può dire che la vita in carcere è una vita tra pari ed è fatta principalmente di accoglienza. Se la Costituzione fosse rispettata per intero, si potrebbe fare tanto di meglio per tutti.

In questo luogo di costrizione, la cappella rappresenta uno spazio di libera preghiera. E la preghiera personale aiuta a non perdere di vista il futuro, che è quello che sostiene ognuno di noi.

S.C.