Da Toronto le storie di Charlie e Laura Una comunità senza i poveri che pregano al centro è una chiesa senza croce

Sul Golgota con Cristo

 Sul  Golgota con Cristo  ODS-026
31 ottobre 2024

Charlie è un vecchio amico della nostra comunità. C’è una cosa che Charlie dice a tutti, ogni volta che entra nella cappella del nostro centro a Toronto: «Vengo a pregare perché hanno ucciso mia madre e mio padre».

Charlie ripete queste parole più e più volte, prima che cominci il nostro incontro di preghiera. Le disgrazie e la malattia mentale hanno avuto la meglio su di lui.

Ha settant’anni e qualsiasi tragedia sia accaduta nella sua vita deve essere avvenuta molti anni fa. Ma le cicatrici che ha lasciato sono profonde e solo la preghiera può accarezzarle.

Nonostante l’angoscia, il dolore e la malattia mentale che deve affrontare, Charlie ha iniziato a venire a pregare con noi regolarmente un paio di anni fa. E non dimentica mai di iniziare con le stesse parole che rivolge a chiunque gli capiti accanto: «Prego perché hanno ucciso mia madre e mio padre».

Ci siamo chiesti spesso se queste fossero le uniche parole che pronunciava mentre pregava. Non siamo stati capaci di darci una risposta, ma ora sappiano che non è più così.

Solo un paio di settimane fa, Charlie è arrivato nella cappella al mattino molto presto. All’interno era ancora buio e c’erano solo due persone che pregavano in silenzio. Anche Charlie pregava in silenzio. Non aveva nessuno al quale avvicinarsi. E, nel silenzio, si è sentito che sussurrava: «Grazie Dio... Benedici Dio... Grazie Dio...». Ogni cinque minuti benediceva e ringraziava Dio.

Ci sono così tante storie di poveri segnati dalla vita che pregano nella nostra cappella che potremmo riempire un libro con molti capitoli. Storie di persone che pregano da sole o insieme, per un dolore o per una gioia, a voce alta o in silenzio, con disperazione o con speranza. È un fluire continuo di sentimenti che si irradia su tutta la nostra comunità.

Che cos’ha di diverso questa preghiera? È semplicemente la preghiera pronunciata dalla croce.

Perché tutti coloro che pregano assomigliano letteralmente a Cristo sulla via del Golgota. Piegati, nudi e ridicolizzati, picchiati, rifiutati e derisi. Non appartengono a nessuno, hanno come unica compagnia la loro tragedia da sopportare.

La loro preghiera è affrontare non solo il rifiuto degli altri o i propri peccati, ma anche un silenzio che viene dall’alto. Un silenzio che è santo. Un silenzio che ogni cuore umano ha paura di affrontare perché richiede una fede non comune. Un silenzio che ti fa rifiutare una bevanda quando hai sete, un silenzio che ti fa digiunare quando hai fame, un silenzio che ti fa condividere i tuoi ultimi vestiti per non lasciare che un tuo fratello diventi come te. Perché sai che la nudità fa vergognare la purezza del cuore, mentre la compassione vince anche sul tuo peggior nemico. È un silenzio che fa scattare nel profondo dell’animo umano il perdono per tutto ciò che ti è stato fatto. Un silenzio che copre, con la compassione, le ferite e dà voce a un cuore in preghiera.

Il silenzio dall’alto è accolto nell’anima solo da chi è rivolto al cielo dalla croce. Un silenzio che fa ricordare al figlio abbandonato di essere il figlio amato.

Se la Chiesa è il cuore del mondo, allora i poveri ne sono la parte più intima. Senza i poveri che pregano al centro della comunità, si diventa una chiesa senza croce. Allora non si riesce a comprendere la vittoria sulla morte e la più profonda e semplice verità del cuore umano della quale tutti siamo partecipi: quando e se raggiungiamo il fondo del nostro cuore, il cuore umano è una benedizione piuttosto che una maledizione. Questo porta una gioia che nessun altro dolore può superare e cambia la dinamica della vita per l’eternità.

Laura è un buon esempio in questo senso. Si sta preparando a pranzare. Ha fame. Vuole che ci sbrighiamo. Le chiediamo se, per questa volta, può dire lei la preghiera prima del pasto. Accetta, ma solo per questa volta. Poi si alza in piedi e dice ad alta voce: “Gra-a-ace!”.

Ride. E di nuovo dice: “Gra-a-ace...!”.

È l’altra faccia della preghiera dei poveri. L’anticonformismo e la creatività dove la gioia si unisce alla preghiera perché sa di non essere mai rifiutata o respinta. Perché attraverso la croce la gioia della risurrezione ha già iniziato a irrompere. E i poveri sono i primi a vederla perché sono sulla croce.

di Nicolaie Atitienei *

* Sacerdote ortodosso - St. John
the Compassionate Mission, Toronto