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«Illuminaire»: conferenza su fede e nuove tecnologie
Promuovere un uso responsabile della tecnologia, dei social media e dell’intelligenza artificiale per servire la missione della Chiesa nell’era digitale: è il principale obiettivo di Illuminaire - Nurturing Digital Stewardship, conferenza dedicata a sacerdoti, religiosi e membri della vita consacrata che si svolge il 23 e 24 novembre a Bangalore, in India. Organizzato dal Dicastero per la comunicazione vaticano assieme ai salesiani e ad alcune istituzioni cattoliche indiane, l’incontro riunisce circa trecento persone che porteranno la loro esperienza in materia di fede e informazione. Fra i relatori il prefetto del Dicastero per la comunicazione — che due mesi fa ha inaugurato il sito web “Illuminaire” e del quale pubblichiamo una nostra traduzione del saluto ai partecipanti in apertura dei lavori — e Nataša Govekar, direttore della Direzione teologico-pastorale dello stesso dicastero. Interverranno anche Shri Derek O’Brien, membro del Parlamento indiano, suor Joeyanna D’Souza, paolina, specialista di etica nei social media a Mumbai, padre Cedric Prakash, gesuita, difensore dei diritti umani e della giustizia sociale, padre Raj Kumar Fernando, salesiano, direttore del Don Bosco College di Chennai, Elizabeth Jasmine, preside dell’Indian Institute of Psychology and Research a Bangalore, e Poorva Jain, evangelizzatrice digitale, fondatrice di “John 10:10 Tech”.
Sono davvero felice di essere qui, oggi, a Bangalore, in questa conferenza sulla trasformazione organizzata con tanta cura. Viviamo in un momento di passaggio. Nella comunicazione è in corso una rivoluzione. Dobbiamo condividere ogni idea e ogni sforzo per dare forma al nostro tempo. Il nostro tempo è questo. Come scrive Papa Francesco citando il filosofo e teologo italiano Romano Guardini, non viviamo in un tempo, siamo il nostro tempo. Siamo noi a dargli forma. Attraverso ciò che facciamo e attraverso ciò che non facciamo.
Non si tratta solo di navigare nel mare digitale. Il mare digitale senza di noi non esisterebbe. I social media non esisterebbero senza le persone. L’intelligenza artificiale non esisterebbe senza dati. E quei dati siamo noi, la nostra vita. La verità non esiste se non viene detta o se viene negata. Spetta a noi modellare il mondo, e farlo condividendo la verità, il bene, la bellezza. Condividere è la parola chiave. Noi (insieme seppur lontani), noi (membri gli uni e gli altri) possiamo essere la più grande rete di condivisione di storie e azioni, verità e relazioni basate sulla verità.
Oggi siamo capaci di narrare storie? Siamo capaci di approcciarci a questa crescita esponenziale e straordinariamente utile — ma al tempo stesso potenzialmente spaventosamente pericolosa — dei sistemi di intelligenza artificiale senza perdere la nostra umanità e, anzi, diventando più maturi come esseri umani? La domanda è se e come lo sviluppo delle intelligenze artificiali nella comunicazione può aiutarci a diventare più umani o spingerci a svilire la nostra umanità. E anche in che modo questo strumento renderà più forti e più veri i rapporti tra le persone e più coese le comunità, e in che modo aumenterà la solitudine di chi è già solo, privando ognuno di noi del calore che solo la vera comunicazione può offrire. La domanda è se l’obiettivo ultimo è di consentire una vita sempre più piena per ogni essere umano o se invece è diventato una pretesa di standardizzazione, normalizzazione e controllo dell’irripetibilità di ogni storia.
La questione sta nella possibilità o impossibilità di lavorare in modo che l’intelligenza artificiale porti una maggiore uguaglianza e non crei invece nuove caste, nuove classi basate proprio sul dominio informativo, accettando come inevitabili nuove forme di sfruttamento e di disuguaglianza, basate sul possesso di algoritmi e sull’estrazione di dati dalla miniera inesauribile delle nostre vite. Si tratta di stabilire o meno regole e limiti; per esempio, sugli algoritmi di indicizzazione e deindicizzazione dei motori di ricerca capaci di esaltare o cancellare persone e opinioni, storie e culture, secondo criteri non collegati alla verità. Quindi, la domanda fondamentale riguarda gli uomini, non le macchine, il rapporto tra gli esseri umani, non gli algoritmi. E non è una domanda astratta. Riguarda proprio le nostre vite, la nostra libertà e il nostro libero arbitrio. Riguarda il potere di coloro che controllano i sistemi di calcolo, riguarda il rapporto tra coloro che calcolano e quelli che, loro malgrado, vengono calcolati, riguarda i criteri di calcolo, riguarda il confine tra ciò che si può e non si può calcolare, perché non è un numero, perché è unico, perché è infinito.
Siamo pronti per questa sfida? Conosciamo tutti l’importanza dei mezzi di comunicazione per trarre il meglio da ogni persona. La comunicazione può essere lo strumento per costruire un mondo migliore; oppure può continuare a fomentare malintesi, risentimenti, inimicizia. Non c’è investimento troppo grande quando si tratta di diffondere la verità e innescare una dinamica di bene nella nostra narrazione.
Conosco alcune delle numerose sfide che affrontate in India come comunicatori della Chiesa. Vi ripeto le parole che il Santo Padre ci dice ogni giorno: non scoraggiatevi. Siamo tutti nella stessa barca. Al centro della riforma dei media che ha portato il Santo Padre a creare il Dicastero per la comunicazione della Santa Sede c’è il bisogno di sinergia e di collaborazione. E oggi sono qui per sostenere e incoraggiare questa sinergia e collaborazione. Un esempio di ciò è questa stessa conferenza. Spetta a noi impegnarci fortemente nel costruire una comunicazione basata su relazioni e umanità per contrastare il virus della divisione. Una comunicazione basata su una rete che sia globale e anche locale. Digitale e reale.
In un tempo in cui tanti sono tentati di costruire una nuova torre di Babele, siamo chiamati a servire questo miracolo dell’unità nella diversità. Dobbiamo aiutarci gli uni gli altri perché funzioni. È giunto il tempo di farlo. La comunicazione digitale ci permette di essere connessi in maniera inedita. Di avere a bordo i giovani come protagonisti. Sono fiducioso che questa conferenza offrirà cammini percorribili per creare una comunità, una piattaforma di reciproca condivisione e collaborazione. È questo il campo della vostra testimonianza, come comunicatori, come rete di comunicatori religiosi. È per questo che siamo qui.
di Paolo Ruffini