Uno sguardo argentino
ed ecumenico

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25 novembre 2024

Il 29 novembre ricorrono i quarant’anni dalla firma del Trattato di pace e di amicizia fra Argentina e Cile, suggellato nella Sala Regia del Palazzo Apostolico in Vaticano. Questo documento solenne, alla cui stesura hanno partecipato i ministri degli Esteri di entrambi i Paesi, è molto più di un semplice punto di riferimento storico. Parla, interpella ed esorta noi argentini, e tutti i cittadini del mondo, in questo tempo di conflitti internazionali e di guerre fratricide, a cercare e ad accettare mediazioni di pace e di amicizia fra i nostri popoli sofferenti.

Noi argentini il 24 novembre commemoriamo un altro evento fondamentale che ha preceduto la firma del suddetto trattato. Quel giorno, in un referendum, o consultazione popolare non vincolante, più dell’80 per cento di noi argentini ha espresso il suo netto sì alla pace. Quattro decenni dopo questa consultazione democratica (a cui anch’io ho partecipato) realizzo che non si è trattato solo di un plebiscito sulla controversia con il Cile riguardo al Canale di Beagle e alla zona australe. Come popolo semplice e umile, abbiamo scelto quel giorno e per sempre la pace, il dialogo e l’incontro per risolvere ogni tipo di conflitto internazionale.

Come giovane argentino che ha vissuto nella propria carne tutto il doloroso processo che nel dicembre 1978 ci ha portato sull’orlo di una guerra fratricida con i nostri fratelli cileni, il giorno del plebiscito quei sei anni di angoscia e di mediazioni sono stati suggellati da un grido tanto sacro quanto umano. Vox populi, vox Dei! Il popolo semplice, saggio e timorato di Dio — poiché crede — anela, cerca e lavora sempre per la pace, mai per la guerra e il conflitto armato. Quel grido del popolo argentino continua a levarsi ancora oggi, dopo quarant’anni, e continua a indicarci il cammino per il futuro. In un mondo stordito dall’atroce rumore delle guerre, i popoli umili e saggi continuano a cercare, pregare e invocare una pace giusta e duratura. Dio ascolta il grido del popolo. Lo ascolteranno anche quanti detengono il potere politico per porre fine a tanta morte, tanto dolore e tanta sofferenza innocente?

Da cristiano evangelico, ricordo quegli anni come un primo risvegliarsi a un ecumenismo e a un incontro interreligioso alla ricerca della pace. Sotto la generosa mediazione di Papa Giovanni Paolo ii e di tutta la diplomazia vaticana, nel 1978 ho invocato Dio per le trattative di pace del cardinale Antonio Samorè, e ho continuato a farlo con molti fratelli di altre confessioni fino alla firma dell’accordo in Vaticano. Quarant’anni fa ho scoperto che la fede e la religione, poste sotto la guida di un Dio di pace, permettono di trovare cammini d’incontro dove altri non riescono a farlo. Questo insegnamento personale, che è stato anche quello dell’intero popolo argentino, ci torna a illuminare dopo questi quarant’anni in cui l’umanità ha attraversato molti deserti bellici. Ci spinge a considerare, oggi più che mai, che la mediazione che viene dalle sfere della fede è un cammino possibile e necessario verso una nuova terra promessa dove la pace è possibile, urgente e indispensabile.

Sebbene oggi ricordiamo con somma giustizia l’inestimabile protagonismo di Giovanni Paolo ii e della diplomazia vaticana in questo Trattato di pace e di amicizia, tale pietra miliare nella storia della pace mondiale deve essere un impegno per tutte le religioni. L’ecumenismo e l’incontro interreligioso sono oggi, sotto l’indiscutibile influenza e guida di Papa Bergoglio, uno strumento fondamentale per la ricerca di una pace che ascolti nuovamente la voce del popolo santo e saggio di Dio in tutto il mondo.

L’esperienza argentina che ho vissuto, conosciuto ed esaminato, ci può aiutare in tal senso. Il Movimento ecumenico per i diritti umani, l’Assemblea permanente per i diritti umani e il Movimento ebraico per i diritti umani, che già avevano attraversato e affrontato con parresia ecumenica e interreligiosa i processi più dolorosi della storia nazionale, in quegli anni si sono sviluppati, organizzati e rafforzati. Tra i fondatori e promotori vanno ricordati i monsignori Jorge Novak e Jaime de Nevares, i rabbini Marshall Meyer, Herman Shiller e Roberto Graetz, i vescovi evangelici José Miguez Bonino e Carlos Gattinoni, i pastori evangelici Aldo Etechegoyen, Federico Pagura, Emilio Monti, Juan Van der Velde e Rodolfo Reinich. Con loro, grazie a loro e in loro, molti di noi hanno trovato, e continuano a trovare, dei punti di riferimento e delle guide per continuare a lavorare per la pace, i diritti umani e la cura dei più deboli e vulnerabili in un mondo violento e belligerante.

Vorrei citare alcuni paragrafi del testo finale del Trattato di pace e di amicizia fra Argentina e Cile che ci possono aiutare a capire l’importanza e l’influenza che una fede impegnata per la pace può ottenere nelle sfere della buona politica. Il documento inizia con la frase: «In nome di Dio Onnipotente». Nel suo prologo poi si legge: «Ricordando che l’8 gennaio 1979 essi chiesero alla Santa Sede di fungere da mediatore nella controversia sorta nella zona sud, allo scopo di guidarli nei negoziati e assisterli nella ricerca di una soluzione; [...] e che richiedevano il loro prezioso aiuto per stabilire una linea di delimitazione, che determinasse le rispettive giurisdizioni a est e a ovest di quella linea, dalla fine della delimitazione esistente; [...] Convinti che sia dovere ineludibile di entrambi i governi dare espressione alle aspirazioni di pace dei loro popoli; [...] Ribadendo l’obbligo di risolvere sempre tutte le controversie con mezzi pacifici e di non ricorrere mai alla minaccia o all’uso della forza nelle loro reciproche relazioni [...]; Testimoniando, a nome del loro popolo, la gratitudine a Sua Santità Papa Giovanni Paolo ii per i suoi sforzi illuminati volti a raggiungere una soluzione alla controversia e a rafforzare l’amicizia e la comprensione tra le due nazioni».

Che questa commemorazione, che mi emoziona tanto come argentino, evangelico e membro dei movimenti ecumenici e interreligiosi, grazie all’intervento di Dio, muova tutti gli esseri umani, il popolo saggio di Dio e i governanti a dire alla pace, all’amicizia e agli accordi come unico modo per risolvere i conflitti tra popoli fratelli!

«Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra» (Isaia, 2, 4).

di Marcelo Figueroa