La solidarietà del Papa
Questione di dignità, prima ancora che di vestiti puliti. Nella tendopoli, anzi, «baraccopoli» di San Ferdinando, comune calabrese con meno di 5 mila abitanti dove sorge il “ghetto” in cui centinaia di immigrati africani vivono nel degrado, impiegati nei campi e spesso in nero, arriva la carità del Papa. Dopo Roma, Genova, Torino, Napoli e Catania, in questa provincia di Reggio Calabria apre oggi la settima “Lavanderia di Papa Francesco” con annesso servizio docce. Un’iniziativa, promossa da Procter & Gamble, sostenuta da Elemosineria Apostolica e diocesi di Oppido Mamertina - Palmi, dedicata a indigenti e senza fissa dimora per consentire loro di lavare indumenti o coperte e provvedere all’igiene personale. Tutto gratis.
«È un modo per restituire dignità a gente che non muore di fame, ma muore perché si sente invisibile», spiega ai media vaticani il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski. Sono immigrati di Senegal, Niger, Burkina Faso e altre zone del Continente nero che vivono a San Ferdinando anche da quindici anni, ma non hanno neppure la carta d’identità. «Un ragazzo mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: i motorini hanno una targa, noi esseri umani niente» racconta Krajewski. Oltre alle cinque docce e alla lavanderia con otto lavatrici e asciugatrici, sistemate in due container, sarà predisposto «un Help desk Presidio per chi è nel bisogno a livello documentale» riferisce il diacono Michele Vomera, direttore della Caritas diocesana. «Parliamo di lavoratori migranti che nel periodo invernale arrivano a 1000, in quello estivo a 200. Persone senza medico di base, senza codice fiscale, senza quelle che a noi sembrano banalità ma che per loro sono ostacoli» afferma Vomera, annunciando pure un accordo per una piccola scuola di italiano gestita da suore.
Insomma iniziative «incastrate l’una all’altra» che vogliono essere gesti di speranza, come quelli chiesti dal Papa per l’imminente Giubileo. «Per la comunità è un bel segno» commenta ancora il direttore della Caritas, descrivendo un contesto di solidarietà dove «gli immigrati sono più degli italiani», l’integrazione è «serena», con «gli abitanti che cucinano per loro e loro che ricambiano con piatti tradizionali». «Hanno creato una piccola economia, gestiscono due supermercati. Il paese va avanti grazie a questa gente».
di Salvatore Cernuzio