Venerdì 10
Nessuna |
Il vostro progetto di formazione, con al centro il Vangelo e l’insegnamento sociale della Chiesa, mette in luce una verità fondamentale: ogni persona, per quanto fragile, è portatrice di un valore intrinseco e siamo chiamati a “riconoscere ogni individuo come persona unica e insostituibile”. |
Ogni vita umana ha una dignità inalienabile. Con il vostro impegno, voi proclamate che nessuno è inutile, nessuno è indegno, che ogni esistenza è un dono di Dio da accogliere con amore e rispetto.
Questo è ciò che Gesù stesso ci insegna con il suo esempio.
Il rapporto con Dio sempre fa rifiorire le persone, sempre!
Accogliendo tutti con le loro fragilità e mettendo in relazione un gran numero di attori, voi incarnate quella Chiesa in uscita che ho spesso auspicato, una Chiesa aperta, una Chiesa accogliente, capace di farsi vicina ad ognuno e di curare le ferite di chi soffre, di accarezzare con tenerezza chi è privo di affetto e di rialzare chi è caduto a terra.
Per una |
I giovani malgrado i loro limiti sono ricchi di potenzialità insospettate. Siamo chiamati a creare spazi in cui possano esprimersi pienamente. |
Dobbiamo fare spazio ai loro sogni, accoglierli e comunicare ad essi speranza.
Il vostro impegno permette loro di scoprire che la loro vita ha un senso e hanno un ruolo unico da svolgere nella società.
Sono lieto che il vostro progetto si collochi decisamente nella visione dell’educazione proposta nel Patto Educativo Globale: un’educazione integrale che non si limita a trasmettere conoscenze, ma cerca di formare uomini e donne capaci di compassione e amore fraterno.
Solo restituendo centralità alla persona umana, integrando le sue dimensioni spirituali, potremo costruire una società veramente giusta e solidale.
La vostra iniziativa è una risposta concreta a questa aspirazione: restituisce alle persone, a tutte le persone, emarginate dalla disabilità o dalla fragilità il loro posto all’interno di una comunità fraterna e gioiosa.
(Alla Delegazione dell’Organismo di Gestione dell’Insegnamento Cattolico - OGEC, in Francia)
Gioia |
Mentre vi preparate al grande raduno di Bercy, la Chiesa è da poco entrata in un nuovo anno giubilare che ci invita a essere “pellegrini di speranza”. |
Si tratta di una chiamata pressante a rinnovare la nostra vita cristiana, che ci invia in missione: diventare testimoni di una speranza che non delude, nella «gioia del Vangelo che riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù».
La gioia è inseparabile dalla speranza ed è anche inseparabile dalla missione; una gioia che non si riduce all’entusiasmo del momento, ma che nasce dall’incontro con Cristo e ci orienta verso i fratelli.
Il coraggio |
Essere pellegrini significa camminare insieme nella Chiesa, ma anche avere il coraggio di uscire, di andare incontro agli altri. Portare la speranza significa offrire al mondo una parola viva, radicata nel Vangelo, che consola e apre strade nuove. |
Vi incoraggio a non avere mai paura di “uscire”, perché «la missione è una passione per Gesù ma, allo stesso tempo, è una passione per il suo popolo».
Questo significa andare dove uomini e donne vivono le loro gioie e i loro dolori.
È così che voi portate la speranza, sia nelle vostre comunità sia nei luoghi in cui la Chiesa sembra a volte stanca o ritirata.
La speranza è spesso messa alla prova. Il mondo è segnato dalla guerra e da tante ingiustizie, è lacerato dall’individualismo.
Questo genera spesso il dubbio, la paura del futuro e tante volte la disperazione.
Noi cristiani, però, portiamo una certezza: Cristo è la nostra speranza.
Lui è la porta della speranza, sempre.
E questa speranza non ci appartiene: non è un possesso da mettere in tasca.
È un dono da condividere, una luce da trasmettere: se non si condivide, cade.
Non abbiate paura di rispondere a questa chiamata!
Annunciare |
Essere missionari significa lasciarsi scuotere dallo Spirito Santo. A volte, può significare uscire dai nostri schemi abituali e persino accettare di “fare un po’ di confusione”. |
Lo Spirito Santo spinge alla creatività! Guardate la vita dei santi: tutti creativi, perché c’è lo Spirito dentro!
Lo Spirito santo ci invita ad annunciare il Vangelo non solo in strutture consolidate, ma ovunque si trovino i nostri fratelli e le nostre sorelle: annunciare il Vangelo nella quotidianità nelle gioie, nelle loro ferite, nelle loro domande.
Voglio anche incoraggiarvi a stimolare i giovani, che sono i primi pellegrini della speranza!
In questa dinamica missionaria, vi esorto a non perdere mai di vista la comunione tra voi.
(Ai dirigenti
di “Congrès Mission”)
Purtroppo |
Voi, cari bambini e ragazzi, per me siete segni di speranza, perché sono sicuro che in voi è presente Gesù: e dove c’è Lui, c’è la speranza che non delude! |
Gesù ha preso su di sé le nostre sofferenze, per amore, e allora anche noi, attraverso il suo amore, possiamo unirci a Lui quando soffriamo.
Questa è una prova di amicizia: quando si è veramente amici, la gioia dell’altro è anche la mia gioia, e il dolore dell’altro è anche il mio dolore.
Una volta Gesù disse ai suoi discepoli: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici».
Anche voi siete amici, voi siete i suoi amici, e potete condividere con Lui gioie e dolori.
Un’altra prova dell’amicizia di Gesù verso di voi è l’amore e la presenza costante dei vostri genitori, è il sorriso gentile e tenero dei medici, degli infermieri, dei fisioterapisti, che vi curano e lavorano per migliorare la vostra salute, perché non perdiate i vostri sogni e le vostre speranze.
Vi invito a pregare insieme a me per quei bambini — sono tanti purtroppo! — che non hanno la possibilità di curarsi: sono malati, oppure feriti, e non ci sono medicine, non c’è ospedale, non ci sono medici né infermieri. Ricordiamoci di loro, siamo loro vicini!
(Ai piccoli ospiti della clinica di oncologia pediatrica di Wrocław, Breslavia, Polonia )
Sabato 11
La parola |
Molti di voi si trovano a Roma come “pellegrini di speranza”. Iniziamo questa mattina le udienze giubilari del sabato, che vogliono idealmente accogliere e abbracciare coloro che da ogni parte del mondo vengono a cercare un nuovo inizio. |
Il Giubileo, infatti, è la possibilità per tutti di ripartire da Dio: si incomincia una nuova vita, una nuova tappa.
In questi sabati vorrei evidenziare, di volta in volta, qualche aspetto della speranza. La speranza è una forza che viene da Dio, non è un’abitudine o un tratto del carattere — che si ha o non si ha —, ma una forza da chiedere.
Per questo ci facciamo pellegrini: veniamo a chiedere un dono, per ricominciare nel cammino della vita.
Stiamo per celebrare la festa del Battesimo di Gesù e questo ci fa pensare a quel grande profeta di speranza che fu Giovanni Battista.
Di lui Gesù disse qualcosa di meraviglioso: che è il più grande fra i nati di donna. Capiamo allora perché tanta gente accorreva da lui, col desiderio di un nuovo inizio, col desiderio di ricominciare.
Il Giubileo ci aiuta in questo: come noi oggi attraversiamo la Porta santa, così Giovanni proponeva di attraversare il fiume Giordano, entrando nella Terra Promessa come era avvenuto con Giosuè la prima volta, ricominciare, ricevere la terra da capo, come la prima volta.
Questa è la parola: ricominciare.
La speranza, fratelli e sorelle, è tutta in questo salto di qualità.
Da Giovanni Battista, allora, impariamo a ricrederci. La speranza per la nostra casa comune — questa nostra Terra tanto abusata e ferita — e la speranza per tutti gli esseri umani sta nella differenza di Dio.
Noi ricominciamo da questa originalità di Dio, che è brillata in Gesù e che ora ci impegna a servire, ad amare fraternamente, a riconoscerci piccoli, a vedere i più piccoli, ad ascoltarli e a essere la loro voce.
Ecco il nuovo inizio, questo è il nostro giubileo.
(Udienza giubilare
nell’Aula Paolo VI )
Sostenere |
Il primo aiuto che possiamo dare alla società è di valorizzare i beni che abbiamo, con un servizio professionale che risponda ai bisogni reali delle persone e permetta uno sviluppo sostenibile. |
Da lì possiamo offrire il nostro aiuto a quanti, a causa delle calamità naturali, della guerra, della disabilità o dell’esclusione sociale, hanno bisogno di un ulteriore sostegno.
La prima cosa è cooperare, lavorare insieme, unire le forze, creare un mosaico, dove tutti sono importanti, ma al tempo stesso consapevoli che è nel suo insieme che si può percepire la bellezza dell’opera.
In secondo luogo, la Vergine Maria, nostra Madre, il motivo e il modello di questo sforzo, affidarci a Lei in questo tentativo con devozione e, al contempo, imitarla nello spirito che deve presiedere il nostro lavoro.
Terzo le angosce. Voi conoscete bene l’immagine che domina la Basilica sita in Carrera de la Virgen.
La Madre sta dinanzi a Cristo che giace su una mensa, invece della tradizionale rappresentazione della deposizione dalla Croce in cui Maria abbraccia suo Figlio.
Quella mensa, sulla quale giace Gesù, si presenta a noi come compito, mettendo sul banco del nostro negozio, sulla scrivania del nostro ufficio, il dolore del mondo che Gesù sopportò fino al calvario.
È Lui che serviamo, è Lui che sosteniamo nelle nostre iniziative e lo vogliamo fare come lo fa la sua Madre benedetta, lasciandoci commuovere dal suo dolore.
(Alla delegazione dei supermercati della Cooperativa Virgen de las Angustias di Granada)
Domenica 12
Contemplare volto |
La festa del Battesimo di Gesù, che oggi celebriamo, ci fa pensare a tante cose, anche al nostro Battesimo. Gesù si unisce al suo popolo, che va a ricevere il battesimo per il perdono dei peccati. Mi piace ricordare le parole di un inno della liturgia di oggi: Gesù va a farsi battezzare da Giovanni “con l’anima nuda e i piedi nudi”. |
E quando Gesù riceve il battesimo si manifesta lo Spirito e avviene l’Epifania di Dio, che rivela il suo volto nel Figlio e fa sentire la sua voce che dice: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Prima il volto. Nel rivelarsi Padre attraverso il Figlio, Dio stabilisce un luogo privilegiato per entrare in dialogo e in comunione con l’umanità. È il volto del Figlio amato.
In secondo luogo la voce: «Tu sei il Figlio mio, l’amato». È questo un altro segno che accompagna la rivelazione di Gesù.
La festa di oggi ci fa contemplare il volto e la voce di Dio, che si manifestano nell’umanità di Gesù.
Ognuno di noi ricorda la data del suo Battesimo? Questo è molto importante! Pensa: in quale giorno io sono stato battezzato o battezzata? E se non lo ricordiamo, arrivando a casa, chiediamo ai genitori, ai padrini la data.
E festeggiamo la data come un nuovo compleanno: quella della nascita nello Spirito di Dio.
Il neo beato |
Sono vicino agli abitanti della Contea di Los Angeles, California, dove nei giorni scorsi sono divampati incendi devastanti. Nella Basilica di San Giovanni in Laterano, stamani è stato beatificato Don Giovanni Merlini, sacerdote dei Missionari del Preziosissimo Sangue. |
Dedito alle missioni al popolo, fu consigliere prudente di tante anime e messaggero di pace. Invochiamo anche la sua intercessione mentre preghiamo per la pace in Ucraina, in Medio Oriente e nel mondo intero.
E non dimentichiamo che la guerra sempre è una sconfitta.
(Angelus in piazza San Pietro )
Verso |
La vostra storia è stata segnata dall’incomprensione, dal rifiuto e dall’emarginazione. Ma, anche nei momenti più difficili, voi avete scoperto la vicinanza di Dio. |
Dio peregrina nella storia con l’umanità e si è fatto nomade con il popolo gitano.
È inoltre giusto riconoscere lo sforzo compiuto negli ultimi decenni dal popolo gitano, dalla Chiesa e dalla società spagnola nel suo insieme, per intraprendere un cammino nuovo verso un’inclusione rispettosa dei vostri caratteri distintivi.
Questo cammino ha prodotto non pochi frutti, ma bisogna continuare a lavorare, perché ancora ci sono pregiudizi da superare e situazioni dolorose da fronteggiare.
Siete figli di questa Chiesa in cui molte persone, gitane e payas, non gitane, si sono impegnate con responsabilità e affetto per lo sviluppo integrale del popolo gitano; di questa Chiesa che desidera continuare a spalancare le sue porte, affinché tutti possiamo sentirci in essa come a casa; una Chiesa in cui potete crescere nella fede cristiana senza rinunciare ai migliori valori della vostra cultura.
Avete molto da offrire: la stima per le persone anziane e il senso della famiglia, che diventa più forte nei momenti di difficoltà; la cura del creato, rappresentato nella vostra bandiera dall’azzurro del cielo e il verde della terra; la nostra condizione di pellegrini verso la patria celeste, simboleggiata dalla ruota dei carri con cui si spostavano i vostri antenati; la capacità di conservare la gioia e fare festa anche se ci sono nuvoloni all’orizzonte; il senso del lavoro — tante volte frainteso — come un mezzo per vivere e non per accumulare.
Molti dei valori che vi identificano come popolo non sono solo evangelici, ma sono anche profetici e controculturali in questi tempi.
Camminiamo insieme e manteniamo aperte le porte delle nostre comunità ai cugini e alle cugine che non celebrano più la fede nella Chiesa cattolica, offrendo loro sempre l’amicizia e il dialogo propri di noi che siamo chiamati a vivere la fratellanza, al di là delle nostre differenze.
(Messaggio in occasione del vi centenario dell’arrivo del popolo gitano in Spagna )
Mercoledì 15
L’abuso |
Nell’udienza precedente abbiamo parlato dei bambini e anche oggi parleremo dei bambini. La scorsa settimana ci siamo soffermati su quanto, nella sua opera, Gesù abbia parlato dell’importanza di proteggere, accogliere e amare i più piccoli. |
Eppure, ancora oggi nel mondo, centinaia di milioni di minori, pur non avendo l’età minima per sottostare agli obblighi dell’età adulta, sono costretti a lavorare e molti di loro sono esposti a lavori particolarmente pericolosi.
Per non parlare dei bambini e delle bambine che sono schiavi della tratta per prostituzione o pornografia, e dei matrimoni forzati.
L’abuso sui minori, di qualunque natura esso sia, è un atto spregevole, è un atto atroce.
Non è semplicemente una piaga della società, no, è un crimine!
È una gravissima violazione dei comandamenti di Dio.
Nessun minore dovrebbe subire abusi. Anche un solo caso è già troppo.
Occorre risvegliare le nostre coscienze, praticare vicinanza e concreta solidarietà con i bambini e i ragazzi abusati, e nello stesso tempo costruire fiducia e sinergie tra coloro che si impegnano per offrire ad essi opportunità e luoghi sicuri in cui crescere sereni.
Le povertà diffuse, la carenza di strumenti sociali di supporto alle famiglie, la marginalità aumentata negli ultimi anni insieme con la disoccupazione e la precarietà del lavoro sono fattori che scaricano sui più piccoli il prezzo maggiore da pagare.
Ci costa riconoscere l’ingiustizia sociale che spinge due bambini, magari abitanti dello stesso rione o condominio, a imboccare strade e destini diametralmente opposti, perché uno dei due è nato in una famiglia svantaggiata.
Oltre lo |
Una frattura umana e sociale inaccettabile: tra chi può sognare e chi deve soccombere. Ma Gesù ci vuole tutti liberi, felici; e se ama ogni uomo e ogni donna come suo figlio e figlia, ama i più piccoli con tutta la tenerezza del suo cuore. |
Combattere lo sfruttamento, in particolare quello minorile, è la strada maestra per costruire un futuro migliore per la società.
Alcuni Paesi hanno avuto la saggezza di scrivere i diritti dei bambini.
Prima di tutto dovremmo riconoscere che, se vogliamo sradicare il lavoro minorile, non possiamo esserne complici.
La consapevolezza su quello che acquistiamo è un primo atto per non essere complici.
Occorre richiamare anche le istituzioni, comprese quelle ecclesiali, e le imprese alla loro responsabilità: possono fare la differenza spostando i loro investimenti verso compagnie che non usano e non permettono il lavoro minorile.
Molti Stati e Organizzazioni Internazionali hanno già emanato leggi e direttive contro il lavoro minorile, ma si può fare di più.
Esorto anche i giornalisti a fare la loro parte: possono contribuire a far conoscere il problema e aiutare a trovare soluzioni.
Preghiera |
L’altro ieri una frana ha travolto diverse abitazioni nell’area mineraria nello stato di Kachin in Myanmar, provocando vittime, dispersi e ingenti danni. |
Sono vicino alla popolazione colpita da questa sciagura e prego per quanti hanno perso la vita e per i loro familiari.
Non manchi a questi nostri fratelli e sorelle che sono nella prova il sostegno e la solidarietà della comunità internazionale.
(Udienza generale nell’Aula Paolo vi )
Salvaguardia |
È per me un’enorme soddisfazione ricevervi oggi qui, in quello che è il secondo corso di formazione promosso dalle Caritas dell’America Latina e dei Caraibi. |
Lo è perché presupporre il consolidamento di processi che mirano a creare questa cultura della cura che abbiamo voluto chiamare “salvaguardia”.
Nel dizionario della Reale Accademia della Lingua Spagnola questo termine è definito come “custodia, difesa, tutela”, e immagino che tutti voi pensiate a questi concetti quando se ne parla.
Accanto a questa accezione, ne appare però un’altra che ha richiamato fortemente la mia attenzione: “segnale che, in tempo di guerra, su ordine dei comandanti militari, si mette all’entrata dei paesi o alle porte delle case affinché i propri soldati non li danneggino”.
Mi sono venuti subito in mente i testi del profeta Ezechiele e dell’Apocalisse.
Il Signore chiede al suo angelo: “segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono”.
Il Signore chiede a noi, suoi inviati, suoi angeli nel senso di missione, benché non di purezza, di mettere il segno della sua croce benedetta sulla fronte di tutti coloro che vengono nelle nostre Caritas, sospirando e piangendo per le tante ingiustizie, persino abomini, perpetrati contro di loro.
Fragili |
Mettere “virtualmente” questo segno su ogni assistito, su ogni professionista, su ogni essere umano che incontriamo, è riconoscere in lui la sua dignità di fratello in Cristo, di redento dal sangue del Salvatore, è vedere in lui la piaga aperta del Redentore che ci offre la sua mano tesa affinché riconosciamo il mistero della sua incarnazione. È anche fare proprio l’imperativo ineludibile del Signore che ci ordina: “Non toccate i miei consacrati”. In tal senso la salvaguardia è un termine divino, è Cristo stesso scritto sulla fronte di ogni uomo e di ogni donna e, come in uno specchio, nel cuore di noi che, nella nostra fragilità, vogliamo essere portatori del suo amore, con piccoli gesti di carità e di cura. (A presidenti e direttori nazionali della Caritas |