Intervista all’attivista per la pace Gershon Baskin

L’ultima guerra

Palestinian boys stand near a damaged tent for displaced people, after an Israeli airstrike, amid ...
17 gennaio 2025

da Gerusalemme
Roberto Cetera

«Un cattivo accordo è sempre meglio di nessun accordo», esordisce Gershon Baskin, il popolare attivista per la pace che mesi addietro ha incontrato a Roma Papa Francesco, insieme all’ex premier israeliano Ehud Olmert e all’ex ministro degli Esteri palestinese Nasser al Kidwa, presentando un piano di pace che riedita ed attualizza il piano per i due Stati su cui Olmert lavorò durante il suo governo.

Baskin perché secondo lei questo è un cattivo accordo?

Intanto perché è sostanzialmente il medesimo piano che fu proposto otto mesi fa, nel maggio scorso, dal presidente americano Biden. I popoli israeliano e palestinese dovrebbero chieder conto a chi in questi mesi si è adoperato per ritardare questo risultato, provocando altre migliaia di morti. Qualcuno con un’enorme dose di cinismo se ne è addirittura vantato pubblicamente».

Solo per questo?

No anche perché da quanto è dato a sapere non porterà subito a casa tutti gli ostaggi, e perché ci vorranno almeno 12 settimane perché la sua piena implementazione si realizzi. E poi perché non c’è nessuna indicazione politica su chi sarà chiamato a governare Gaza alla fine della guerra; così come non indica il percorso che porti alla conclusione definitiva della guerra e quando le truppe israeliane si ritireranno da Gaza.

Lei, più volte in passato è stato protagonista di negoziazioni. Quali altre opzioni erano possibili?

Guardi io nel settembre scorso avevo ricevuto una dichiarazione scritta da Hamas in cui si dicevano pronti a rilasciare tutti gli ostaggi in cambio della liberazione di prigionieri palestinesi, della fine della guerra e del ritiro delle truppe israeliane nel giro di tre settimane. Hamas si dichiarò anche disponibile a mollare le redini del governo della Striscia nelle mani di un governo tecnico neutrale non controllato da Hamas. Questo accordo delle “tre settimane” però non è mai stato reso pubblico da Hamas, così come Netanyahu non ne ha mai voluto verificare la praticabilità attraverso i negoziatori egiziani e qatarini, al pari del presidente americano Biden e il suo emissario Bret McGurk. Non c’è dubbio che il presidente eletto Donald Trump e il suo emissario Steve Witkoff abbiano invece mostrato al mondo come si fa a raggiungere un accordo e a farlo rispettare.

Ma è solo un cessate il fuoco con scambio di prigionieri ed ostaggi.

Io invece penso che l’accordo raggiunto l’altra notte porterà alla fine della guerra, semplicemente perché credo che Hamas non lo avrebbe mai firmato se non avesse ricevuto assicurazioni dall’ Egitto e dal Qatar che condurrà alla fine della guerra, i quali a loro volta hanno ricevuto analoga assicurazione da Trump.

Ci sarà poi un veloce scambio ostaggi israeliani – prigionieri palestinesi?

Penso di sì, anche se temo che alcuni ostaggi siano sepolti sotto le macerie di Gaza, e che per diversi prigionieri palestinesi la liberazione non sarà un ritorno a casa, ma la strada dell’esilio.

Rimangono sempre tanti punti oscuri sulle vicende scaturite dal 7 ottobre.

Credo che gli israeliani debbano far sentire la loro voce perché si vada presto a nuove elezioni e perché una commissione nazionale d’inchiesta sottoponga Netanyahu ad un severo scrutinio del suo operato, prima e dopo il 7 ottobre. Così come il popolo palestinese dovrebbe inchiodare Hamas alla terribile responsabilità di aver causato il disastro di Gaza al suo stesso popolo. Entrambe le parti hanno indubitabilmente commesso crimini di guerra, di cui entrambi i popoli porteranno a lungo le ferite. Da questa tragedia spero si esca in Israele con la convinzione che non può esserci una soluzione militare del problema palestinese, e in Palestina che la liberazione non passa attraverso la lotta armata. In questa terra “dal fiume al mare” vivono sette milioni di ebrei e sette milioni di arabi palestinesi: entrambi hanno pieno diritto all’autodeterminazione, alla sicurezza, alla libertà e alla dignità. Spero che la tragedia a cui abbiamo assistito in questi 15 mesi possa un giorno essere ricordata come l’ultima guerra del conflitto israelo-palestinese.